Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Ronit Elkabetz

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Dopo l'anteprima al Festival di Cannes, arriva nelle sale italiane distribuito da Parthenos il terzo film da regista dell'attrice Ronit Elkabetz. "Viviane" racconta la lotta di una donna per ottenere dall'unico tribunale che ne ha facoltà, quello rabbinico, il divorzio dal marito. Il film è un atto di denuncia verso una legge arcaica ma anche un'indagine nel profondo dell'animo della protagonista, interpretata dalla Elkabetz. L'autrice racconta alla stampa le motivazioni che l'hanno spinta a raccontare questa storia.
Intervista Ronit Elkabetz: Domanda 1Il titolo originale del film fa riferimento a un processo. Di quale conflitto si tratta?
Esasperata dalla sua vita matrimoniale, Viviane ha abbandonato da diversi anni il domicilio coniugale e vuole avere il divorzio nel rispetto delle regole per non essere messa al bando dalla società. In Israele, ancora oggi non esiste il matrimonio civile e vige soltanto la legge religiosa che sancisce che solo il marito può concedere la separazione. Tuttavia Viviane vuole poter contare sul sistema giudiziario, sulla legge, per ottenere il riconoscimento di quello che ritiene essere un suo diritto. Ma suo marito Elisha rifiuta testardamente il divorzio e Viviane si ostina a volerlo.
Intervista Ronit Elkabetz: Domanda 2È un conflitto legato all'appartenenza a una particolare comunità?
Oggi in Israele, il matrimonio è governato dal diritto religioso, a prescindere dalla comunità di appartenenza dei coniugi e dal fatto che siano religiosi o completamente laici. Quando una donna pronuncia il sì sotto il baldacchino nuziale, viene subito considerata come potenzialmente privata del gett, del diritto di divorziare, poiché solo il marito ha la facoltà di cegliere. La legge attribuisce un potere esorbitante al coniuge. I rabbini sostengono di fare tutto il possibile per aiutare le donne, ma di fatto, nel corso delle udienze a porte chiuse dei procedimenti giudiziari, la realtà è ben diversa, poiché è sacro dovere dei rabbini fare di tutto per preservare un nucleo familiare ebraico e sono dunque reticenti a privilegiare il desiderio del singolo di sciogliere il matrimonio rispetto al dovere religioso.
Intervista Ronit Elkabetz: Domanda 3In che periodo storico si svolge la storia?
Ai giorni nostri. Poiché questa legge non è mai stata emendata, il punto non è sapere quando, ma quanto tempo durerà la procedura. Il tempo prezioso che perdono le donne che rivendicano il proprio diritto al divorzio non ha la minima importanza agli occhi dei mariti, dei rabbini e della legge. Questo tempo perduto ha valore solo per la donna che supplica di poter tornare a vivere. Poiché, fino a quando non si separa formalmente, una donna che vive al di fuori del domicilio coniugale non potrà mai ricostruirsi una famiglia e i figli che dovesse avere fuori dal matrimonio avrebbero lo statuto di mamzer (che equivale a quello di bastardo, senza alcuna protezione o riconoscimento giuridico). Inoltre, questa legge le preclude ogni tipo di vita ociale, perché verrebbe sospettata di avere una relazione con un uomo e questo le impedirebbe per sempre di ottenere l'atto di divorzio se il marito dovesse persistere nel suo rifiuto. Una donna in attesa di divorzio è condannata a vivere in una sorta di prigione.
Intervista Ronit Elkabetz: Domanda 4Come avete affrontato il genere cinematografico del film-­processo?
Per noi mettere in scena un processo significava innanzitutto sapere come un uomo e una donna vengono definiti rispetto alla legge, di fronte a una corte e in relazione uno con l'altra. Quindi si è subito imposta una decisione piuttosto estrema: non filmare mai dal punto di vista di un regista che osserva, ma esclusivamente da quello dei protagonisti. La macchina da presa è sempre posizionata dall'angolazione di uno dei personaggi mentre osserva un altro personaggio. Un personaggio che non viene guardato da un personaggio non è visibile. Noi registi raccontiamo la nostra storia non imponendo un punto di vista univoco sulla vicenda, ma attraverso il prisma sfaccettato delle persone presentate nello spazio di fronte a noi. Un punto di vista soggettivo in un luogo che si presume oggettivo.
Intervista Ronit Elkabetz: Domanda 5La forza del film deriva in parte dall'alternanza dei registri. Perchéavete voluto accostare il dramma, la commedia, la rivolta, la farsa?
L'essenza stessa di questa storia è tragica. Il suo svolgimento assurdo e a volte ridicolo. Il lato comico scaturisce da questo contrasto. L'esistenza di questa legge è assurda: una legge religiosa che viene imposta a tutti, credenti e laici. Persino noi stentiamo a credere che nel 2014, nella nostra società apparentemente democratica, una donna possa essere considerata proprietà del marito. Inoltre, c'è qualcosa di assurdo nell'ostinazione dei giudici rabbinici a prendere tempo, a rimandare i dibattimenti, a far perdere la bussola alla querelante affinché rinunci alla sua volontà, salvando in questo modo ancora una volta un altro nucleo famigliare ebraico dalla catastrofe.
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Viviane
di Ronit Elkabetz, Shlomi Elkabetz
Drammatico, 2014
115 min.
Film diretti:
2014  Viviane
Atri film:
2007  La banda