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In occasione del Giorno della Memoria arriva nelle sale italiane "Corri, ragazzo, corri", film di Pepe Danquart tratto dall'omonimo romanzo di Uri Orlev. La pellicola racconta la storia di Srulik, un bambino ebreo di otto anni, che riesce a fuggire dal Ghetto di Varsavia ma è costretto a nascondere la sua identità per salvarsi la vita. Danquart racconta alla stampa il suo incontro con questa incredibile storia vera. |
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Come ha scoperto la storia di Srulik? |
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Sono stato a lungo in cerca di materiale che fosse emotivamente potente e ricco di significato storico da far battere il cuore solo leggendo la sceneggiatura; che fosse una storia straordinaria e commovente, storicamente accurata, raccontata da un punto di vista inedito. Un film meritevole di qualsiasi sforzo e di qualsiasi rischio da correre. Un film che sarebbe rimasto nella memoria collettiva del pubblico, anche dopo venti'anni. Ho finalmente trovato tutto questo leggendo il romanzo "Corri ragazzo corri" di Uri Orlev, un libro per ragazzi che è diventato un bestseller in tutto il mondo. Come opera di finzione la storia sembra perfino troppo assurda per essere vera. Ma quel ragazzino è sopravvissuto e ancora oggi, all'età di 79 anni, racconta la sua storia a chiunque abbia voglia di ascoltarla. Con il mio film voglio far conoscere questa storia a coloro che non l'hanno ancora sentita perché chiunque vedrà il viaggio di Jurek non potrà non emozionarsi per lui. Avranno paura, saranno pieni di ammirazione per lui, soffriranno e piangeranno con lui. Come è successo a me quando ho letto il libro la prima volta. |
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A quale pubblico si rivolge questo film? |
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Non ho intenzione di fare un film solo per bambini o per ragazzi, ma voglio offrire una forte esperienza cinematografica a tutti, giovani e vecchi. Jurek dimostra la capacità di resistere di un adulto. Eppure è proprio la sua giovane età a proteggerlo, mentre affronta numerosi pericoli con lo spirito avventuroso di un bambino. Il fatto che sia un bambino a guidarci in questa storia, un innocente, con la sua naturale curiosità di esplorare il mondo e di sopravvivere, rende ancora più orribile la tragedia dell'Olocausto.Ma qual è in fondo la storia del film, narrata con lo spirito di un racconto di avventura? È la storia del viaggio di un ragazzino costretto a crescere molto in fretta per poter sopravvivere, ma che in fondo resta un bambino. È la storia dell'impietosa brutalità di qualsiasi guerra e dei suoi traditori, informatori e approfittatori. Ma è anche la storia di quanti riuscirono ad elevarsi al di sopra delle uccisioni sistematiche di uomini e donne che, rischiando la loro vita, aiutarono coloro che altrimenti non sarebbero sopravvissuti. Non si tratta solo degli "Schlinder" o dei "John Rabe" all'interno del sistema del potere, ma anche di semplici contadini anonimi che resero possibile per un ragazzino ebreo sopravvivere nella foresta. Le uccisioni di massa, l'Olocausto, e la marcia barbarica dei nazisti trovano un eco in ciascuna immagine, riflessi nella storia di questo bambino ebreo.Il punto di vista del libro non solo rende la storia di Jurek così speciale, ma eleva a documento storico questo racconto, analogamente al diario di Anne Frank o a "Essere senza destino" di Imre Kertesz. |
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Qual è, secondo lei, il cuore del film? |
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Per quanto riguarda la dinamica delle vicende, la trama ha un taglio avventuroso e complementare al conflitto interiore del ragazzo, il quale, per poter sopravvivere, deve respingere la propria identità ebraica e fare propria un'esistenza inventata come orfano cattolico polacco. Durante la sua lotta per la sopravvivenza, dimentica i suoi fratelli, perfino il viso di sua madre, e trova conforto e sicurezza nella generosa ospitalità di famiglie contadine cattoliche. Questa profonda crisi di identità sfocia in un altro momento forte alla fine del film, con una scena che, credo, contenga qualcosa di mai mostrato in modo tanto commovente.Entrambe queste linee narrative, le avventure nella foresta e nei villaggi, e la graduale perdita della propria identità, emergono con forza fin dall'inizio. Una delle grandi sfide per la realizzazione di questo film voleva essere quella di renderegiustizia a tutti e due gli aspetti in egual modo. |
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C'è un momento che l'ha particolarmente emozionata nel film? |
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Un momento chiave nel film è quando il padre sacrifica la propria vita per salvare quella del figlio. Prima di farlo, gli sussurra in fretta alcune parole, che diventeranno un tema ricorrente: "Srulik, non c'è tempo. Non dimenticarti quello che sto per dirti. Devi restare vivo! Mi senti? Trova qualcuno che possa insegnarti come comportarti in mezzo ai cristiani, come si fanno il segno della croce e come pregano... E la cosa più importante Srulik: dimentica il tuo nome. Cancellalo dalla tua memoria... D'ora in poi il tuo nome è Jurek Staniak. Staniak come la signora Staniak del negozio... Ma anche se dimenticherai tutto, perfino me e tua madre, non dimenticare mai che sei ebreo". Con “Corri, ragazzo, corri” volevo raccontare una storia vera e commovente, senza pessimismo. La storia di Srulik-Jurek è una storia vera fatta di forza, di speranza e di coraggio. |
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