Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Eric Lartigau

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Esce nelle sale italiane "La famiglia Bélier", piccolo "caso" cinematografico in Francia, diretto da Eric Lartigau e interpretato dalla giovanissima esordiente Louane Emera insieme a un cast che vede protagoniste persone sorde e non, in un'esperienza artistica originale e coinvolgente. Il regista racconta alla stampa la sua volontà di affrontare, con una storia così particolare, il tema universale della famiglia.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 1Cosa l'ha spinta ad accettare la regia di questo film?
In realtà non è stata una decisione che ho preso a seguito di una riflessione o di una negoziazione. Sono rimasto profondamente toccato dalla storia. A posteriori potrei ragionare sui motivi per cui certi temi mi sono piaciuti e sulle ragioni che mi hanno portato a scegliere di fare questo film piuttosto che l'altro, ma la verità è che la mia scelta è stata del tutto impulsiva. Non c'è dubbio che la famiglia sia un soggetto universale che, peraltro, è stato trattato migliaia di volte nel cinema. Ma è un tema che mi piace e mi interessa, poiché è il luogo dell'epidermide, è il luogo dove nascono tutte le emozioni primarie, le sensazioni animali. Adoro esplorarlo. Le risate e le lacrime, l'ingiustizia provata da qualcuno confrontata con la verità sentita da qualcun altro. In quanto regista, mi piace non essere costretto a scegliere tra tutti questi modi di sentire. Amo la commedia tanto quanto la tragedia e adoro soprattutto mescolare i due estremi, come accade nella vita reale, quando da una situazione drammatica scaturisce una situazione divertente o assurda... Il soggetto e la sceneggiatura originali erano di Victoria Bedos. Dopo aver accettato il progetto, rileggendo la sceneggiatura e di comune accordo con lei e con il suo co-sceneggiatore Stanislas Carré de Malberg, ho sentito l'esigenza di fare mia la loro storia... Inizialmente da solo e in seguito insieme a Thomas Bidegain... Ma tutti i temi erano già presenti, avevo giusto bisogno di appropriarmi della storia. A proposito della sua scrittura, Victoria Bedos parla spesso della sua "piccola musica". Mi restava solo da trovare la mia, poiché a quel punto dovevo inventarla in immagini.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 2C'è stato anche l'incontro con la lingua dei segni...
Sì, a maggior ragione perché, per me, si tratta di una nuova lingua che coabita con quella del mio paese, la Francia. A tutti noi capita di incontrare dei sordi o degli audiolesi, ma non ci sentiamo legittimati ad avvicinarli. Da bambino, ho sperimentato questa situazione con mia cugina Mireille Deschenaux, che cito perché la comunità è di modeste dimensioni rispetto a quella di noi dotati di grandi orecchie! Già allora notavo la difficoltà che lei aveva nel comunicare con gli altri. Fortunatamente, ha avuto una famiglia molto solidale, che le è stata molto vicina. A quei tempi noi non ci ponevamo la domanda della differenza che esisteva fra noi. Da bambini era più facile, più radicale, soprattutto perché giocavamo. Si è riprodotta la stessa situazione con Alexeï Coïca, il professore sordo che ha insegnato agli attori la LSF (Lingua dei segni francese): quando lavorava con loro integrava molti momenti di gioco. È brillante la scelta che compie di insegnare nel piacere. Il processo di apprendimento è più rapido e il registro del gioco permette anche di aumentare la capacità di memorizzazione.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 3Il film si diverte a capovolgere il concetto di diversità: per la famiglia Bélier la normalità è essere sordi...
Quello che mi divertiva in questa storia era spingere gli spettatori a chiedersi dove si possa situare la normalità. Sappiamo bene che è lo sguardo degli altri a determinare quello che è normale e quello che non lo è: abbiamo una grande capacità di imprigionarsi in un castello di idee preconcette e una certa propensione ad avventurarci su strade sbagliate. Lavorando a questo progetto, mi sono reso conto che i sordi non hanno lo stesso concetto del rapporto con gli altri degli udenti: sono estremamente diretti e se una cosa non gli sta bene non si fanno scrupoli girandoci attorno, ma al contratto vanno dritti al punto e, a volte, questo loro cogliere l'essenza può apparire volgare. Coloro che escludono al pari di coloro che sono esclusi hanno bisogno di affermare la loro appartenenza. L'istinto gregario riguarda ciascuno di noi, è un difetto che condividiamo tutti.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 4Come ha scelto Louane per interpretare Paula?
Agathe Hassenforder, la direttrice del casting, mi ha fatto incontrare tra 60 e 80 ragazze. Cercavamo un'attrice adolescente che sapesse cantare. Sfortunatamente quella che mi piaceva di più aveva la voce peggiore! All'inizio ho pensato che avremmo potuto doppiarla, ma poi mi sono reso conto che sarebbe stato improponibile. Avevo bisogno di cogliere l'emozione della sua voce dal vivo sul set, volevo filmare il corpo mentre canta. L’emozione passa anche attraverso l'epidermide: una canzone è qualcosa che si incarna. Un mio amico mi ha consigliato di seguir e la trasmissione The Voice per guardare due giovani cantanti. Ed è stato cosìche ho scoperto Louane e mi sono sciolto! La cosa che mi è piaciuta in lei è stata la sua fragilità contenuta, come se fosse sul punto di rollare alla fine della prima strofa. Con lei hai sempre la sensazione che tutto si regga su un filo sottile, eppure lei c'è, è presente, è al tempo stesso ancorata e solida. E va fino in fondo.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 5Il fratello di Paula è interpretato, invece, da un giovane sordo
Nella vita reale, Luca è un sordo profondo. Non aveva alcuna esperienza con la macchina da presa. Ha vissuto quest'avventura con grande vitalità e curiosità di scoperta. È un ragazzo gioioso e brillante. Sta sempre al gioco e sullo schermo ha una naturalezza che è molto affascinante. Questa nuova esperienza di vita ha buttato all'aria i suoi codici e i suoi punti di riferimento di bambino ne sono usciti scombussolati. C'è stato un Luca prima delle riprese e un Luca dopo le riprese. È stato incantevole vederlo crescere con noi. Ha un bello sguardo.
Intervista Eric Lartigau: Domanda 6I tre attori udenti hanno provato con un coach specializzato per accostarsi alla lingua dei segni?
Per un attore, incarnare un audioleso è una sfida appassionante, a maggior ragione considerando che Karin e François sono due attori estremamente chiacchieroni. E in questo caso non hanno avuto una sola battuta di dialogo da pronunciare. Tutta la recitazione doveva essere improntata sui loro gesti e i loro corpi. Un lavoro straordinario. Abbiamo avuto la fortuna di incontrare le persone giuste: Alexeï Coïca e Jennifer Tederri. Il primo è sordo e professore di LSF, la seconda è un'interprete. Due energie in carne ed ossa a servizio del film. Hanno svolto un ruolo determinante per la strutturazione dell'intera storia. Alexeï è di origine moldava e vive in Francia solo da cinque anni: è incredibilmente determinato e tenace considerando che ha dovuto imparare il francese e la lingua dei segni che si pratica in Francia, visto che ciascun paese ha la sua lingua dei segni. È stato lui a insegnare a Karin e Louane con una pazienza, un'energia e una gioia contagiose. Per quanto riguarda François, in Belgio ha avuto una professoressa sorda, Fabienne Leunis, poiché i sordi sono gli unici a poter insegnare la lingua dei segni a degli udenti. Le lezioni si sono protratte per quattro o cinque mesi, al ritmo intensivo di quattro ore al giorno. Gli attori sono stati al gioco. Del resto, non avevo lasciato loro altra scelta: dovevano imparare a memoria ogni sequenza, senza poter contare sul fatto che avrei potuto artificiosamente cancellare con una piroetta al montaggio eventuali segni sbagliati. E infatti, una volta sul set, il fatto che conoscessero a menadito i dialoghi ha reso loro la vita più facile. Erano pronti a recitare e a farsi dirigere.
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La famiglia Bélier
di Eric Lartigau
Commedia, 2014
100 min.
Film diretti:
2014  La famiglia Bélier
2012  Gli infedeli
2010  L'homme qui voulait vivre sa vie