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Arriva in sala in Italia il terzo lungometraggio dello svedese Ruben Ostlund, premiato nella sezione Un Certain Regard all'ultimo Festival di Cannes. Ostlund è un ospite importante dei principali festival europei, da Berlino a Cannes, potendo contare anche su una candidatura agli European Film Awards. Il regista racconta alla stampa cosa lo ha spinto a mettere in scena con“ Forza maggiore” una farsa crudele sulle forze che si nascondono all'interno di una normalissima famiglia. |
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Come nasce la storia di "Forza Maggiore"? |
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“Forza Maggiore” trae origine da una domanda che mi ha affascinato a lungo: come reagiscono gli esseri umani in situazioni improvvise e inaspettate come una catastrofe? Il film racconta di una famiglia in vacanza che rischia di essere travolta da una valanga e il padre, Tomas, scappa via in preda al terrore. Quando è tutto finito, deve convivere con la vergogna di essersi abbandonato a un istinto primario, quello della paura. |
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Si tratta di una storia vera? |
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Questa storia nasce da un aneddoto per me impossibile da dimenticare. Qualche anno fa una coppia di amici era in vacanza in Sudamerica, quando sono sbucati dal nulla dei tizi con la pistola e hanno aperto il fuoco: il marito istintivamente è scappato, lasciando sola la moglie. Tornati in Svezia, dopo un bicchiere o due di vino, lei iniziava a raccontare questastoria e continuavaa ripeterla... La mia immaginazione ha cominciato a correre, ho fatto ricerche su altre storie vere simili a questa e ho scoperto che in situazioni estreme la gente reagisce in modi del tutto inaspettati e di grande egoismo. Ci sono degli studi che dimostrano che buona parte delle coppie che sopravvivono alle catastrofi finiscono per divorziare. Secondo i canoni della società in cui viviamo, gli uomini dovrebbero proteggere le loro donne e loro famiglie, senza indietreggiare davanti al pericolo. Invece, in queste situazioni, sembra siano proprio gli uomini a reagire più spesso con la fuga. |
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Quindi il protagonista si trova di fronte a un istinto primario... |
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Da questi spunti sono arrivato all’idea di un dramma esistenziale in un villaggio sciistico, proprio perché le vacanze sulla neve contribuiscono alla sensazione di avere il pieno controllo della propria vita. Le vacanze sono anche il periodo in cui solitamente il padre di famiglia medio ripaga la famiglia della propria assenza nei giorni lavorativi. Ma in “Forza Maggiore” l’uomo civilizzato deve confrontarsi con la Natura. E per Natura intendo innanzitutto la parte selvaggia di sé, poiché il suo istinto lo porta a pensare solo a se stesso durante la valanga. Tomas, il protagonista, è costretto a fronteggiare il fatto di essere egli stesso soggetto alle forze della Natura e di non essere riuscito a nascondere la più basilare delle pulsioni, l’istinto di sopravvivenza. |
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Il film si discosta molto dal paradigma classico della famiglia in pericolo |
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In una famiglia ciascun membro ha un ruolo da interpretare e si aspetta che gli altri facciano lo stesso. Anche se magari a livello inconscio, la maggior parte delle persone crede che alla madre spetti di accudire i figli nella vita quotidiana mentre il padre debba ergersi a protettore nel caso di una grande
minaccia improvvisa. D’altra parte, nelle società occidentali odierne, questo tipo di pericoli fisici imprevisti sono molto rari e tale aspettativa verso gli uomini (anche da parte degli uomini stessi) è spesso disconnessa dalla realtà. “Forza Maggiore” è in qualche misura l’opposto di un film hollywoodiano. Qui di solito c’è una famiglia che vive in pace; all’improvviso arriva una minaccia esterna e il padre deve usare la violenza come difesa (non vorrebbe, ma è costretto a farlo). Una volta fatti fuori i cattivi, la famiglia può tornare a vivere in pace. Questo arco narrativo rappresenta un modo ideologico di guardare alla vita e alla società. Io sono invece interessato auna situazione in cui possiamo capire che stiamo facendo la cosa sbagliata. Tomas vive un dilemma, perché è duro ammettere di aver fatto quello che ha fatto, ma è duro anche continuare a mentire. |
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Come hai lavorato con gli attori? |
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L’improvvisazione per me è fondamentale, durante il casting, le prove e il giorno prima di una scena. Anche durante le riprese stesse sono abituato a ripensamenti, riscritture o alle aggiunte fatte dagli attori. Da una parte, ogni cosa procede secondo il copione, dall’altra se ne allontana e lo trasforma. Il fatto è che ogni giorno sul set è una battaglia: tu hai una visione di quello che vorresti fare, ma quando ti ritrovi a girare ti rendi conto che quello che hai davanti non corrisponde mai alle tue aspettative. E devi combattere, combattere e combattere per provare a ottenere quello che vuoi. Per questo non si può seguire alla lettera un copione, ma bisogna essere aperti all’improvvisazione. |
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Nel finale c'è un'apertura all'ottimismo |
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Nel finale del film, ci accorgiamo che tutte le persone scese dal pullman si vergognano di aver esagerato le proprie emozioni. Ma dopo un po’, percepiscono una connessione fra loro, una specie di solidarietà, camminando insieme per la strada. Questo vuol dire essere umani. Noi viviamo delle montagne russe emotive che ci spingono a indossare una maschera fissa per non mostrare quello che siamo davanti agli altri. Nel forte e inaspettato momento di condivisione del finale, per un attimo queste maschere sembrano cadere. |
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