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Acclamato vincitore dell'Orso d'Oro allo scorso Festival di Berlino, è da qualche settimana nelle sale italiane “Taxi Teheran” di Jafar Panahi. Il regista iraniano, condannato dal governo del suo paese a non girare più film, realizza un film-documentario originale e spiazzante intervistando in un taxi uomini, donne e ragazzi di Teheran. Il regista racconta alla stampa l'ispirazione e le limitazioni che hanno influenzato il suo lavoro. |
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In quali circostanze è nato il progetto di questo film? |
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Dopo This is not a film e Closed curtain, sentivo di avere bisogno di fare uscire a tutti i costi la mia videocamera dal confinamento delle mura di casa. Aprivo le finestre, guardavo la città di Teheran e cercavo un’alternativa. Se avessi posizionato la mia videocamera in una qualunque strada avrei immediatamente messo in pericolo la troupe e il film sarebbe stato interrotto. Ho continuato a contemplare il cielo. Le nuvole formavano delle belle immagini. Un giorno mi sono detto che mi avevano proibito di fare dei film, ma non delle fotografie. E così ho scattato la mia prima fotografia. Ho passato un anno intero con la testa tra le nuvole a fotografare il cielo.
In seguito, ho girato tutti i laboratori che disponevano dei mezzi tecnici per procedere a un ingrandimento di una selezione delle mie immagini, ma hanno tutti trovato una scusa per rifiutarsi di fare il lavoro. Un giorno, sconfortato, ho preso un taxi per tornare a casa. Due passeggeri discutevano a voce alta mentre io riflettevo su cos'altro avrei potuto fare. Niente più film, niente più foto, forse non mi restava altro che diventare tassista e ascoltare le storie dei passeggeri… Ed ecco scoccare una scintilla: visto che i miei primi film erano tutti ambientati nella città, a quel punto avrei potuto cercare di fare entrare la città nel mio taxi |
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Come ha convinto i suoi protagonisti a partecipare a questo progetto? |
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Giorno dopo giorno facevo delle corse in taxi per ascoltare i racconti dei passeggeri. Alcuni mi riconoscevano, altri no. Parlavano delle loro difficoltà e dei loro problemi quotidiani. E a un certo punto, ho preso il mio cellulare e ho cominciato a filmare. Di primo acchito, l’atmosfera è cambiata e uno dei passeggeri mi ha persino detto: "Per favore, spegni quell'aggeggio così almeno qui possiamo parlare a nostro piacimento". Ho capito che non avrei potuto fare un documentario senza mettere in pericolo i passeggeri. Il mio film avrebbe dovuto prendere la forma di una docu-fiction. Ho scritto una sceneggiatura e in seguito mi sono messo a riflettere su come portarla sullo schermo |
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Come si è organizzato per non attirare troppo l'attenzione sulla sua attività? |
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Inizialmente ho pensato di utilizzare delle piccole videocamere GoPro, ma il fatto che hanno un obiettivo fisso avrebbe limitato le possibilità di messa in scena e di montaggio. Alla fine ho optato per la videocamera Black Magic che si tiene con una mano e si può facilmente nascondere in una scatola di fazzoletti di carta in modo da non attirare l’attenzione. Questo espediente mi dava la possibilità di preservare tutta la dimensione documentaristica dell’azione che si svolgeva al di fuori della vettura, senza tuttavia mai rivelare le riprese in atto e dunque salvaguardando la sicurezza della troupe |
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Le limitazioni tecniche sono state un problema? |
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L’installazione di tre videocamere in un luogo molto ristretto lasciava poco spazio a una troupe: dovevo quindi gestire completamente da solo l’inquadratura, il suono, la recitazione degli attori e al tempo stesso anche la mia interpretazione e la guida del veicolo! Non ho utilizzato nessun dispositivo particolare per l’illuminazione per non attirare troppo l’attenzione e non compromettere le riprese. Abbiamo soltanto costruito un grande tetto apribile per uniformare la luce. |
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Quanti giorni sono durate le riprese di "Taxi Teheran"? |
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Le riprese sono iniziate il 27 settembre 2014 e sono durate quindici giorni. Gli attori sono tutti non professionisti, dei conoscenti o dei conoscenti dei conoscenti. La piccola Hana, l’avvocatessa Nasrin Sotoudeh e Omid, il venditore di dvd, interpretano se stessi nella vita. Lo studente cinefilo è mio nipote. La maestra è la moglie di un mio amico. Il ladro è l’amico di un amico. Il ferito è uno che viene dalla provincia |
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