Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Guido Chiesa

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Cinque anni dopo "Io sono con te", film che racconta la maternità della giovanissima Maria di Nazareth, Guido Chiesa torna sugli schermi italiani con una pellicola di tutt'altro sapore. "Belli di papà" è una commedia sul mondo dorato di tre "bamboccioni" eredi di una grande fortuna che si trovano improvvisamente in povertà. Protagonista Diego Abatantuono. Il regista racconta l'esperienza con una storia "leggera".
Intervista Guido Chiesa: Domanda 1Come è stato coinvolto in questo progetto e quali sono stati per Lei i
motivi si interesse?
Quando ho iniziato a collaborare con la Colorado film - dirigendo la serie tv "Quo vadis baby" (2008) - Maurizio Totti mi ha chiesto se fossi disponibile a dirigere anche ?lm più orientati verso il mercato, rispetto a quelli drammatici, "diffcili", che avevo realizzato fino a quel momento. Infatti oggi certamente lo spazio per quel tipo di film si è certamente assottigliato, a tutto vantaggio delle commedie. Non avevo nessuna preclusione verso questo genere, ma, non essendomi mai cimentato in una commedia, capivo che ci fosse qualche perplessità. Quando la scorsa primavera, Totti mi ha proposto di dirigere questa storia, prima di dargli una risposta ho chiesto di poter vedere il film messicano campione d’incassi a cui è ispirata, “Nosotros Los Nobles” di Gary Alazraki e ho trovato la storia decisamente interessante. Ancor di più, ho trovato il soggetto ricavato da Giovanni Bognetti per la versione italiana veramente intrigante, più incisivo e ben calato nel contesto del nostro Paese. Quando poi mi sono messo a lavorare con lui sulla sceneggiatura, ho puntato ad ampliare proprio il rapporto genitori/figli, un argomento che è sempre di attualità e che, in quanto padre di tre figli, ho sentito molto vicino. Un tema che è già stato affrontato innumerevoli volte, ma che qui trova una declinazione inedita, perfetta per una commedia. “Belli di papà” ha l’ambizione di essere un film divertente e profondo, che analizza, da un certo punto di vista, un dibattito generazionale, in cui non si prende le parti di nessuno, ma si rappresenta il contesto, le difficoltà, i problemi, le vittorie e gli errori di entrambi, genitori e figli
Intervista Guido Chiesa: Domanda 2Come si è trovato con Diego Abatantuono e gli altri interpreti?
Il film è stato pensato per Abatantuono. Il suo personaggio, in sede di sceneggiatura, è decisamente cresciuto rispetto alla commedia messicana di partenza, che era più incentrata sui figli. Diego ha portato al film un tipo comicità che trovo molto ef?cace e che mi ha ricordato il periodo d’oro della sua carriera, quello che va da “Turnè” a “Mediterraneo”, da “Il barbiere di Rio” a certi ?lm di Pupi Avati. Film in cui recitava da commedia, ma su un registro al contempo realista e cinico.In più, in questa occasione, è alle prese con un ruolo da adulto, da padre che lo rende ancora più grande, nel senso che Orson Welles dava a questa parola quando parlava di attori. In particolare, mi ha impressionato la sua capacità di passare in pochi istanti, talvolta nel giro di un sola battuta, dal tono ironico a quello serio, dal sarcasmo alla dolcezza, dal dramma alla leggerezza. Domina la materia con una naturalezza e autorità che lasciano a bocca aperta. Per me l'opportunità di lavorare con un "re della commedia" come lui ha rappresentato un onore e un motivo di orgoglio.Conoscevo Andrea Pisani fin da “Fuga di cervelli” di Paolo Ruffini, di cui ero stato il produttore artistico. Il personaggio di Matteo, il ?glio più grande, ?nisce a lavorare in una ditta di sgomberi abusivi (dove ha come antagonista il bravissimo Nicola Nocella, con cui da tempo volevo lavorare) e questa esperienza lo fa maturare, permettendogli poi di trovare una sua strada autonoma, nonostante sia il successore designato alla guida dell’azienda paterna. Credo che Andrea sia un attore completo e, anche se nasce come comico, è stato in grado di reggere molto bene la parte drammatica, rimanendo comunque se stesso.
Uno dei miei contributi principali al cast del film è stato di scegliere per il ruolo di Chiara Matilde Gioli, che avevo visto e apprezzato ne “Il capitale umano” di Paolo Virzì. All'inizio ero perplesso sulle sue capacità di reggere il registro della commedia, ma dopo un provino ho capito che era perfetta per il ruolo della ragazza della borghesia parvenu milanese, tutta mode, "lavoro pago, pretendo" e puzza sotto il naso. Lei, in realtà, è una persona solare e tutt'altro che arrogante, ma ha dono naturale per la recitazione. Con la sua scelta, in effetti, il personaggio è un po’ cambiato. In sede di sceneggiatura, avevamo in mente un personaggio più isterico e lamentoso, ma io ho preferito assecondare la vena spavalda e maschiaccia di Matilde, piuttosto che forzarle addosso una maschera che non le apparteneva proprio.
Intervista Guido Chiesa: Domanda 3Come mai avete scelto di girare a Taranto e dintorni?
Sapevamo di voler girare al Sud, in una città problematica, ma non da cartolina. Soprattutto senza gli stereotipi, anche cinematografici, che si portano dietro nel bene o nel male città come Napoli o Palermo. Taranto e la sua provincia sono uno scenario ideale perché contengono al loro interno tutte le dinamiche che compongono il dramma ma anche il fascino del Meridione: pensiamo alla questione ILVA o al degrado della Città Vecchia - in cui si trova la casa natale di Vincenzo; oppure alle bellezze naturali e al dinamismo di tanti giovani - imprenditori operatori della cultura e del turismo - che cercano di smuovere l’immobilismo cronico di questa parte d’Italia (ragione per cui, ad esempio, un ?lm del genere vent'anni fa si sarebbe potuto ambientare a Bari o Lecce, città che poi negli anni hanno subito una trasformazione, anche urbanistica, decisamente significativa). Non era nostra intenzione né fare un film sociologico, tanto meno di denuncia dei problemi del Sud: c’è chi sa farli molto meglio e con più competenza di noi. Ci interessava invece ambientare la storia in quello che sembra un contesto degradato, per poi invece scoprire al suo interno una umanità varia, ricca di sfumature, con idee e preoccupazioni tutt’altro che scontate. Oltre che a Taranto, abbiamo girato anche a Manduria e San Marzano di San Giuseppe, ma soprattutto ad Avetrana, paese che conosco bene perché da anni vengo al mare con la famiglia qui vicino. Ovviamente l’ho proposta perché conoscevo bene le locations, la disponibilità della gente e perché girare tutto il film a Taranto sarebbe stato logisticamente difficoltoso, per via del traffico e degli spostamenti. Inoltre, Avetrana ha un aspetto urbanistico particolare rispetto ad altri piccoli centri del Sud che diventano subito folkloristici: ricorda un po’ il Texas, con case basse e bianche, circondato da ulivi e cave, con il silenzio solcato solo dal vento e dalle cicale. È un paese modesto, ma non degradato, con un centro storico piccolo e un’enorme periferia. È una sorta di non-luogo, perfetto per la nostra storia, che avrebbe sofferto se fosse stata imprigionata in un contesto urbanistico troppo forte. Invece, così, è collocata in una sorta di indefinita provincia. Un ambiente sociale e umano con cui i nostri tre protagonisti si scontrano - cresciuti non per colpa loro nella bambagia del Nord ricco – ma anche che permette loro di maturare, di scoprire un modo veramente diverso di affrontare l vita. Tanto che, alla fine, decidono di rimanere a vivere lì. Infine, anche se in maniera secondaria, la scelta è caduta su Avetrana perché ci sembrava bello e giusto offrire ai suoi abitanti un’occasione di notorietà positiva: non è possibile che si parli di un luogo solo in relazione a un delitto!
Intervista Guido Chiesa: Domanda 4Che bilancio può fare di questa esperienza?
È stato il mio film più leggero, mi ha persino fatto ri-innamorare del fare cinema, anche grazie al sostegno e alla libertà di cui ho goduto da parte dei produttori. Al di là del mio interesse personale, spero che sia un film che possa aiutare ad allargare i confini delle possibili commedie da fare, sia dal punto di vista della storia che dello stile e della scrittura. Quando gli operatori cinematografici sentono parlare di "commedia intelligente", non nascondono un certo scetticismo. Eppure negli ultimi anni titoli come quelli di Sibilia, Falcone, Pif o Edoardo Leo, tanto per citarne alcuni, dimostrano che un pubblico nuovo c’è. Si tratta di commedie divertenti, ben fatte e ben scritte, che affrontano temi d’interesse collettivo e non sono soltanto occasioni per far ridere: nulla contro quel tipo di film, ma non possono esistere solo quelli. Il mercato, ogni mercato sano, ha bisogno di varietà e originalità, non di omologazione e appiattimento
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Belli di papà
di Guido Chiesa
Commedia, 2015
100 min.
Film diretti:
2017  Classe Z
2015  Belli di papà
2010  Io sono con te
2007  Le Pere di Adamo
2003  Lavorare con lentezza
Atri film:
2014  Tutto molto bello
2013  Fuga di cervelli