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Carlo Verdone è nuovamente nelle sale italiane con il suo 25mo film da regista. In “L'abbiamo fatta grossa”, Verdone è anche davanti alla macchina da presa in coppia con Antonio Albanese. Il film racconta la storia di due uomini, sconfitti dalla vita e negli affetti, tra cui nasce un bizzarro rapporto che li conduce a infilarsi in guai molto più grossi di loro. Verdone racconta alla stampa il ritorno al cinema in coppia con Albanese. |
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Come è nata l’idea di questo film? |
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Questa commedia nasce dall’esigenza di fare un film differente dagli ultimi, nei quali i rapporti generazionali o all’interno della famiglia erano stati il fulcro dei racconti. Sentivo il bisogno di staccarmi dal problema sociale (almeno in parte) e di dare più spazio alla fantasia, partendo dalle figure dei due protagonisti: un investigatore privato senza lavoro, ridotto a recuperare gatti e cani smarriti, e un attore teatrale che, divorato dal panico per l’abbandono della moglie, dimentica le battute in scena. L’incontro tra i due, inevitabilmente, diventa scontro ed ognuno metterà in grossa difficoltà l’altro. Per finire entrambi in una vicenda pericolosa più grande di loro che li porterà ad allearsi per venirne fuori. Sembrano tanto diversi, ma alla fine c’è qualcosa che li unisce: il fallimento professionale e matrimoniale. E sotto sotto finiranno per volersi bene: il finale, in questo, sarà emblematico.
La scrittura del film, con Pasquale Plastino e Massimo Gaudioso, è stata lunga, ma il nostro intento era di scrivere con cura estrema un soggetto molto articolato e rocambolesco. Volevamo renderlo quanto più possibile elegante nella realizzazione e divertente nello scontro fra I due protagonisti, la cui comicità nasce dagli ottimi tempi recitativi che si sono creati tra me ed Antonio già dalla prima settimana. Ognuno è stato un perfetto alleato dell’altro. Ad oggi posso dire che Antonio Albanese è tra i migliori partner che abbia avuto. Prima di pensare ad Antonio come co-protagonista, ho puntato sulla scrittura. Volevo che questa commedia fosse solida ed elegante. Al pubblico la sentenza. |
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Chi è Arturo Merlino? |
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Per troppi anni ho interpretato personaggi borghesi in giacca e cravatta. Il mio detective non è proprio un proletario, ma certamente di borghese non ha nulla. Ex carabiniere, ex marito (divorziato da una donna che vive a Miami con un greco), ex detective di piccolo successo, la sua vita è tutta un “ex”. La ex casa l’ha dovuta vendere per far fronte a problemi economici, ed ora vive a casa della vecchia zia Elide (Virginia Da Brescia) che gli ha offerto come ufficio il vecchio studio del marito scomparso. C’è una certa frustrazione in quest’uomo che vorrebbe esser richiesto per azioni più avventurose piuttosto che accettare lavoretti come ritrovare un cane o un gatto. E allora la sera, davanti alla scrivania, si diverte a scrivere racconti ("Le Notti Insonni di Peter York") in cui il protagonista è un detective immaginario alle prese con casi di spionaggio internazionale.
E’ chiaro che Peter York è quello che, infantilmente, avrebbe volute essere lui stesso. Ma non volevo esser completamente privo di una presenza femminile al mio fianco. E così ho immaginato un timido amore con una ragazza armena che fa la barista a Testaccio, e che sogna di entrare nel coro del Teatro dell’Opera di Roma. Si chiama Lena ed è interpretata da Anna Kasyan, cantante lirica di chiara fama, ed ora al suo promettente esordio nel cinema. Avevo già lavorato con lei ne “La Cenerentola” di Rossini in mondovisione. Interpretava il ruolo di Tisbe, una delle due sorellastre di Cenerentola. Ma già allora avevo intuito una grande predisposizione per la recitazione comica. Sarà una sorpresa. Tutta la comicità del mio Arturo Merlino nasce sempre da una provocazione di Yuri (Albanese). Il duetto è una raffica di azioni e reazioni, di patemi d’animo e di spaventi. Di fughe e nascondigli. Dove la diversità tra i due fa scaturire grandi scintille divertenti. E, spero, momenti di brillante recitazione. |
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Hai pensato da subito ad Antonio Albanese? Come sei arrivato a sceglierlo? |
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Ho pensato ad Antonio Albanese (con il quale non avevo mai lavorato in coppia)già dai primi due soggetti che avevo scritto e che sono rimasti poi nel cassetto. Avevo voglia di lavorare con lui perché è un attore che mi ha sempre sorpreso sia nel film serio che in quello comico. Avendo lui un carattere molto forte, pensavo fosse l’ideale per me che ho sempre bisogno di esser messo in difficoltà dalla controparte per dare il meglio.
Terminato il soggetto di “L'abbiamo fatta grossa”, e una volta ricevuto il gradimento di Antonio, ci siamo buttati a scrivere il personaggio proprio pensando a lui, introducendo gran comicità e momenti più seri, nei quali poteva esprimersi a 360°. Si è stabilita una forte alchimia tra noi due, al punto che al momento opportuno l’uno lasciava spazio all’altro e viceversa, senza mai sopraffare. La forza della coppia è nella sua diversità. Ma allo stesso tempo in un‘alleanza strettissima. Una coppia che, se piacerà al grande pubblico, potrà ripresentarsi nuovamente - perché no - in una nuova idea in futuro. |
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Qual è il messaggio che vorresti far arrivare al tuo pubblico con questo film? |
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Nessun messaggio particolare. Se il pubblico apprezzerà, forse l’idea che, nonostante i tanti anni in cui sto svolgendo questa professione, l’interesse nell’osservare la società che cambia non è mai venuto meno. E aggiungerei che anche in un film di assoluta fantasia, una critica sociale o di costume è possibile. Anzi, va fatta. Altrimenti la commedia resta fine a se stessa. |
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