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Dalla conferenza stampa seguita all’anteprima di Cuore sacro emergono le motivazioni profonde che hanno spinto Ferzan Ozpetek a portare a termine la sua ultima fatica: una storia più complessa, come dice egli stesso, tanto de Le fate ignoranti quanto de La finestra di fronte. |
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Come è nato il desiderio di fare questo film? |
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Volevo fare un film che riflettesse le domande che mi accompagnano ultimamente, sul senso della vita, la paura della morte, su cosa succede alle persone che non ci sono più e quali segni lascino nelle nostre esistenze. Ho voluto che il pubblico trovasse il modo di riflettere su queste domande: io non so se sono riuscito a dare delle risposte, comunque non era una mia priorità. Se questo film suscitasse delle riflessioni, delle emozioni vere, avrei raggiunto il mio scopo. |
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Sembra parlare del trascendente: è questo che intende per ‘sacro’? |
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Per me ‘sacro’ vuol dire altruismo, la prima risposta al bisogno di spiritualità che non solo io, ma tutto il mondo sente in questo particolare momento storico; una risposta che si allontani quanto più possibile dalle aberrazioni del fanatismo o dell’emarginazione sociale. Questo è il ‘sacro’ che è in me, nulla che abbia a che fare con una specifica religione, piuttosto un miscuglio laico di tutte le religioni possibili. |
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Ciò nonostante è forte, nel suo film, la presenza della Chiesa Cattolica. |
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Idealmente mi sono riferito alle numerosissime Associazioni laiche esistenti, ma siamo in Italia, è naturale che il volontariato si appoggi alla Chiesa Cattolica, Irene non potrebbe fare diversamente. Questo senza centrare l’obiettivo sul Cattolicesimo, ma per semplice contingenza. |
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La crisi di Irene attraversa uno stato di evidente follia: è una tappa obbligatoria nella strada che porta alla fede? |
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La sua follia, se vogliamo chiamarla così, nasce dalla profonda crisi d’identità che può prendere chiunque cominci a riflettere sull’altro da sé, su chi vive diversamente, senza un lavoro, soffrendo costantemente. Questa crisi sfocia nell’altruismo prima che nella fede, in una perdita della dimensione del reale, la follia è un passo oltre, Irene rimane al di qua di questo confine indefinibile.
Se la follia sia insita nel percorso verso la fede non so, e comunque non è questo quel che ho voluto dire. |
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Oltre a problematiche dell’animo lei ne solleva anche di sociologiche, come ne La finestra di fronte. |
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Sociali, non sociologiche.
Ormai esiste una nuova classe sociale, costituita da tutti quelli che non si permettono più cose che prima potevano permettersi, e ciò nonostante non riescono più ad arrivare alla fine del mese.
Per fare il film sono stato a S.Egidio, ho visto i centri di accoglienza e le mense e soprattutto ho visto quello che non mi sarei mai aspettato, gente benvestita, con un lavoro, eppure ugualmente bisognosa d’aiuto. Nello stesso posto ho visto molte persone che si sacrificano continuamente, che danno tutto per gli altri: questa è l’unica risposta che ho trovato alle domande che nascono da questa nuova realtà sociale. |
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Parliamo della realizzazione del film: come è stato lavorare con la Bobulova? |
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La Bobulova è un’attrice molto particolare: avevo pensato la parte di Irene per Valeria Golino, quando la cosa è saltata ho iniziato a fare dei provini; come le altre la Bobulova è stata avvertita la sera prima dell’audizione, a differenza delle altre in una notte aveva imparato la parte a memoria. Ho subito visto che le si adattava bene. |
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Si riscontrano punti in comune con le sue opere precedenti, ed anche con altri fil, quali Il bacio della pantera. Quanto è rilevante un’interpretazione in chiave ‘citazionistica’? |
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La citazione da Tourneur è palese, ma lascia il tempo che trova. Anche figurativamente, il riferimento alla “Pietà” di Michelangelo nasce sul set come frutto dell’istinto, dell’emozione, non mi preoccupo più di tanto di ricordare qualcosa o qualcuno.
A prima vista il tema può apparire lo stesso dei miei film precedenti, un personaggio alle prese con un cambiamento radicale della propria vita, suscitato in parte da un incontro imprevisto, dal rivolgere lo sguardo su un mondo altro, mai considerato prima: ma non è una storia facile come Le fate ignoranti o La finestra di fronte. |
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Progetti futuri? |
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Gianni Romoli, produttore e co-sceneggiatore, definisce Cuore sacro un ‘thriller dell’anima’: secondo me ne ha l’atmosfera, non la struttura. Ecco, un’idea che ho da un po’ di tempo è proprio quella di girare un vero thriller. |
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