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"Non mi interessava tanto offrire una visione drammatica del futuro, quanto piuttosto dare una visione realistica del presente". Il regista Alfonso Cuarón non si nasconde: "Children of Men - I figli degli uomini" è una pellicola dalla forte valenza politica che riflette su tematiche quali immigrazione, ecologia e ricchezza del mondo. Interpretato da Clive Owen, Julianne Moore, Peter Mullan e Chiwethel Ejofor, il film è ambientato in un'epoca in cui non nascono più bambini e in cui il mondo sta per fronteggiare la sua fine tra guerre e carestie. |
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Come ha usato la chiave fantascientifica per questa storia? |
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Il futuro è solo una convenzione: a me interessava che il pubblico si sentisse nel presente. Per questo motivo abbiamo scelto il 2027 quando si tratta di un'epoca relativamente vicina per immaginare il mondo del futuro e sufficientemente lontana per 'mascherare' agli occhi del pubblico il presente. I figli degli uomini è popolato da icone e immagini parte integrante della coscienza di tutti noi uomini. Non volevamo una fantascienza che lanciasse delle ipotesi riguardo il futuro. Volevamo riflettere sul presente. Per questo motivo quando ho incontrato i concept artists responsabili dei set, ho cassato subito i loro bozzetti e i loro disegni di un mondo futuribile. Gli ho fornito le foto di quella che era la mia ispirazione: Bosnia, Iraq, Palestina e Somalia. Gli artisti che lavoravano con noi erano dispiaciuti. Non si trattava più di creare un universo quanto - piuttosto - di adattare il nostro mondo a quello del film. |
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Il film è anche pieno di scene molto violente... |
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Non volevamo glorificare la guerra e la violenza, anche se si trattava di un film d'azione. Il personaggio di Clive Owen non è mai violento e non porta armi. E' costretto ad uccidere una persona per puro spirito di sopravvivenza. Lo fa anche in maniera tutt'altro che glamour: abbiamo voluto mantenere un tono di profondo realismo. Clive del resto ci ha dato un grande aiuto fornendoci il suo punto di vista sulla storia. Non voleva dare vita ad un personaggio proattivo, bensì ad una figura statica che è costretto ad operare delle scelte forti anche se non ne ha davvero alcuna voglia. La sua grande sfida è stata quella di dare una vita interiore ad un personaggio prevalentemente passivo. Ha investito tutte le sue emozioni nell'uomo che portava sullo schermo. |
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Una grande stima di Clive Owen... |
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Sì. Una settimana mi sono accorto di averlo seguito solo di spalle e di non avergli mai visto la faccia. Lui non solo non se ne è curato, ma non ha mai chiesto un primo piano. Pochi attori del suo calibro affrontano il lavoro con tanta umiltà. E poi se dovesse avvicinarsi la fine del mondo, ho talmente fiducia in lui, che mi affiderei alle sue decisioni per salvare il pianeta... |
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Qual è il messaggio del film? |
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Children of Men - I figli degli uomini è un film sulla speranza, ma anche su come l'ideologia ostacoli la normale comunicazione tra le persone. Poiché fede e speranza sono collegate, oggi l'ideologia è diventata un atto di fede. E così che vengono polarizzati ed enfatizzati i problemi del mondo dove viviamo. Non credo che ci sia una soluzione politica o ideologica per i guai del nostro pianeta, ma - al tempo stesso - sono pieno di speranze e ho fiducia nell'evoluzione dello spirito umano. Questo è sicuramente più possibile per le nuove generazioni che per la nostra. |
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La donna che partorirà il primo bambino dopo diciotto anni è un'immigrata di colore. Una scelta fortemente simbolica... |
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E anche molto cosciente: volevamo che l'unica donna al mondo a potere concepire un bambino fosse nera, di estrazione umile e africana. Al tempo stesso, però, volevamo evitare di dare alla storia una valenza religiosa come nel romanzo di P.D. James. Non ci interessava di dare vita ad un film influenzato fortemente dalla religione. Al tempo stesso, però, abbiamo giocato con gli archetipi mostrando una donna incinta in un contesto di guerra e di violenza. |
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[ fonte: Marco Spagnoli, Cinema.it ] |
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