Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Saverio Costanzo

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In memoria di me” è liberamente ispirato al libro “Lacrime impure” di Furio Monicelli; Saverio Costanzo raffigura la freddezza e l’inflessibilità del mondo ecclesiastico, per delineare la sua confusione e quella di una generazione di fronte ad un sistema che sfrutta la parola di Dio per acquistare influenza e potere. Per farlo il regista si avvale della profonda recitazione di Filippo Timi e Marco Baliani e di quella meno impeccabile di Christo Jivkov. Il tutto colorato dalle perfette partiture sonore degli Alter Ego.
a cura di Vera Usai
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 1Questo film ha avuto dei tempi di realizzazione lunghissimi. È legato a qualcosa in particolare?
Mentre montavamo “Private”, il precedente film, Mario Gianani mi fece leggere il romanzo di Furio Monicelli e lavorando sugli spazi e sulle prigionie è nata l’idea di raccontare una prigionia volontaria rispetto al precedente film in cui veniva descritta una prigionia provocata dalla guerra. Era interessante in qualche modo rilanciare il tema della prigionia immaginando chi poi rinuncia alla propria libertà per acquistarne un’altra, per ricercarne un’altra. Non era facile, infatti non ho passato dei bei mesi, forse perché mi accorgevo che era una sfida troppo grande. Nello stesso tempo però c’era il desiderio di affrontare qualche cosa che fosse più difficile e dal momento che con il cinema cerco di migliorare anche me stesso, ricercavo qualcosa che fosse utile anche a me. Poi ci sono stati molti ritorni indietro fino a quando ho fatto degli esercizi di spiritualità ignaziani, vivendo una settimana di silenzio all’interno di questo luogo a Bologna, in cui hanno vissuto anche gli attori, e mi sono accorto che c’era molto cinema anche dentro l’esperienza interiore che si vive in questo contesto. Con questa luce nuova ho poi riletto il libro e ho capito molti angoli prima oscuri. Quell’esperienza mi ha fatto trovare più coraggio per affrontare questa storia.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 2Dici di aver trattato il tema della religione perché manca alla generazione di oggi la spinta verso scelte definitive. Perché un tema così complesso per parlare della fuga dalle proprie responsabilità quando poi nel film per il protagonista è proprio la fuga dalle responsabilità che lo tiene in seminario?
Io in realtà non faccio un discorso generazionale. Rispetto a me stesso ho spesso difficoltà a prendere decisioni che siano per sempre e il film invece cerca di prendere decisioni che lo siano, perciò lavora sugli eccessi e forse è un bene, forse è il suo limite. Il tema della religione perché credo che ci sia il bisogno di credere in qualcosa: tutto ciò in cui prima si credeva è un po’ fallito. E in fondo bisogna credere a se stessi e la spiritualità mette in contatto con quell’altro se stesso ed era interessante affrontare questo discorso in un contesto cattolico e non orientale e capire cosa succede in determinati luoghi.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 3Come rispondi alle critiche che ha fatto Padre Lombardi al suo film sulla rivista “Panorama” riguardo al bacio finale tra Filippo Timi (il novizio Zanna) e André Hennicke (il Padre superiore)?
Secondo me a Padre Lombardi è piaciuto il film. Sul bacio finale ha citato Dostojevski e ha criticato la realtà del noviziato, ma il mio scopo non era di raccontare con realismo come funziona un noviziato. La sua critica è comprensibile e ce lo aspettavamo però non è entrato nello specifico del film e questo mi fa sospettare che lo abbia apprezzato, ma è solo un sospetto… Riguardo il bacio è nata ad un certo punto l’idea che il film era anche la ricerca di una sessualità, scaturita dalla verità di quei luoghi e di quelle scelte. Ma non è una sessualità riferita all’omosessualità, va intesa in senso più ampio: un rapporto con se stessi e con la carne, che può essere ricerca di omosessualità, eterosessualità, asessualità… Il bacio non è il culmine di questa ricerca, si devono cogliere degli aspetti molto più profondi che fanno da sfondo a tutto questo.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 4Perché per il protagonista hai scelto un attore dell’est?
Volevamo una persona dell’est. All’inizio abbiamo cercato molto in Polonia e camminando per Cracovia tutti sembrano sull’orlo dell’abisso, quasi come se avessero sempre occhi lacrimosi, sull’orlo del pianto, probabilmente anche per la storia dell’est per quello che hanno vissuto, e c’è una fortissima relazione tra la gente e la spiritualità in quei paesi e dato che il film è costruito su di lui e volendo io poco calore nella recitazione e nei gesti, cercavamo proprio degli occhi che fossero espressivi in quel senso.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 5Perché hai deciso di ambientare questa storia interamente su un’isola?
L’isola è una forte metafora della condizione sia dell’essere umano che di Andrea: è come se lui diventasse questo posto e viceversa e poi c’è l’immagine dell’istituzione, che è questo grande monastero, e questo è l’altro significato che io do all’isola, ma poi ognuno lo interpreta come vuole. L’isola è un luogo molto lontano dal mondo: c’è un mondo che gira intorno alla religione e con cui la religione ha poco contatto. Tutto quello che avviene là dentro è il contrario di quello che avviene fuori, c’è un appiattimento dei rapporti, come se si dimenticasse tutto ciò di cui il mondo ha bisogno. Quest’immagine sintetizzava un po’ anche la condizione dell’istituzione religiosa.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 6Riguardo la parte stilistica, ci sono delle analogie tra questo film e il cinema di Dreyer. Come sarebbe stata la sua vita cinematografica senza Dreyer, senza Bresson e altre grandi personalità della storia del cinema?
Chiaramente qualsiasi cineasta ha un debito con Dreyer, con Bresson. C’è nel mio film una regia che prende moltissimo dal film di Bresson “Un condannato a morte è fuggito”, lui è rigoroso e io no, ma c’è moltissimo nella ripetitività delle azioni, degli stessi luoghi. Un altro film fondamentale è stato per me “Il Settimo Sigillo” di Bergman.
Intervista Saverio Costanzo: Domanda 7Il finale sembra rimanere aperto, sia Andrea che Zanna danno una lettura propria e diversa della spiritualità. Per te sono valide entrambe?
Secondo me loro sono un po’ la stessa persona ed entrambi rappresentano il percorso che ognuno fa nella vita. Sono due anime che convivono nello stesso personaggio e solo alla fine in qualche modo si distaccano. Io Andrea un po’ lo condanno altre volte lo capisco. Purtroppo in alcuni momenti mi trovo ad essere con lui. Spesso nel mio quotidiano mi chiudo come si chiude lui, e perciò dipende molto dallo stato emotivo in cui sono: fa parte del capire e conoscere se stessi. Forse Andrea là dentro trova il suo motivo di essere però di fronte al finale ho ancora delle opinioni contrarie, rimane una domanda molto aperta anche per me. Andrea rimane su un’isola, però con un sorriso particolare, come se tenesse ancora dentro qualcosa.
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In memoria di me
di Saverio Costanzo
Drammatico, 2006
115 min.
Film diretti:
2014  Hungry Hearts
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2007  Auschwitz 2006
2006  In memoria di me
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