Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Ermanno Olmi

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Il nuovo film di Ermanno Olmi, distribuito dalla Mikado Film, è in sala dal 30 marzo. Di fronte all’interrogativo di «cosa raccontare» nell’ultima pellicola che va a chiudere la storia cinematografica di un grande regista, Olmi decide di parlare del Cristo. Un Cristo che è però uomo, «uno come noi, che possiamo ancora incontrare in qualsiasi tempo e luogo. Il Cristo delle strade, non l’idolo degli altari e degli incensi». Per farlo si affida alla performance attoriale e ancora tutta da scolpire di un quasi sufficiente Raz Degan.
a cura di Vera Usai
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 1«Le religioni non hanno mai salvato il mondo», così si legge sulla locandina del film. È chiaro che è un discorso sulla religione, però nel film quando Raz Degan afferma che «nessun libro vale quanto un caffè con gli amici» sembrerebbe che sia la cultura in genere a non essere un viatico per una vita migliore… sembrerebbe una contraddizione in quello che vuole dire. Può spiegare meglio il significato che vuole dare?
Se faccio un’affermazione di questo tipo la mia risposta è nel porre un’altra domanda: è forse vero o no, hanno mai salvato il mondo le religioni? Mai. Anzi hanno portato l’umanità dentro baratri spaventosi. Allora può essere un suggerimento che qualche volta può aiutarci a regolare meglio le nostre idee ma guai a sottoscrivere quand’è un’imposizione. Non c’è conflitto tra cultura e religione: a volte è più religione una cultura alla quale ci sottomettiamo attraverso idee codificate in un ambito che viene definito culturale, assoggettandoci a queste imposizioni.
La disciplina è il rispetto delle regole di una forma di religione che noi sottoscriviamo e l’educazione è non il rispetto delle regole ma il rispetto degli uomini: è una cosa ben diversa. Allora nessuna religione mi imporrà mai l’obbligo di non rispettare gli uomini. Questo essere assoggettati a delle norme è stata la causa delle più grandi tragedie dell’umanità. Quindi io invoco la libertà di derogare quando il rispetto degli altri lo impone!
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 2Lei è durissimo con la Chiesa, contro questo Padre che nel film, per i libri si dimentica gli uomini. Può spiegare meglio questo e come è nata la figura del Cristo che compare sulle rive del Po?
I libri possono servire qualsiasi padrone, del resto la nostra storia recente ci ha insegnato che i più prepotenti dichiarano: «Dio è con noi». Quindi di fronte a qualsiasi forma di Chiesa che considera più importante il dogma dell’uomo… io sono per la libertà dell’uomo e non per la sudditanza al dogma.
Riguardo questo “povero Cristo” (ironico)… negli ultimi tempi si parla spesso di un approfondimento della figura di Cristo come uomo, al di là della sua discendenza da Dio. Ogni qual volta un uomo oggi si comporta secondo le modalità di relazione umana che somigliano a quelle dell’“uomo Cristo” è in un certo senso Cristo. Nel momento in cui aderiamo ad una forma di esistenza che richiami quella di Cristo, quella è una sua continuazione, non c’è bisogno di andare sulla croce. Cosa fa Cristo-uomo? Dice: «La vera vittoria è il perdono». Se noi oggi trovassimo ogni tanto, in queste situazioni di conflittualità così esasperate e tragiche, un segno di perdono, molti problemi si risolverebbero. Questa è stata la vera grande intuizione di Cristo. Quanti equivoci ha prodotto la religione cristiana? Quanti cercavano il martirio come segno di fede? ... ma Cristo non diceva questo, anzi si è ribellato, contro il Tempio delle regole e contro il Dio che chiede il sacrificio umano. Le religioni sono diventate una sorta di minaccia rispetto alle nostre colpevolezze.
Io sono convinto che Cristo sia vissuto anche gioiosamente: il primo miracolo è proprio stato quando ha detto: «Abbiamo l’acqua, facciamo che sia vino!». E vi dico anche che nel momento in cui si sta insieme gioiosamente… anche l’acqua sembra vino (infervorato e convinto).
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 3Nel film fa dire a Raz Degan che «nel giorno del giudizio sarà Dio a rendere conto di tutte le sofferenze del mondo». Lei condivide questa frase così forte?
Quanti delitti sono stati compiuti in nome di un Dio che non sarebbe mai stato d’accordo? È quel Dio lì che deve rendere conto. Ma egli non è altro che la maschera dell’umanità che per giustificare i propri atti li attribuisce al volere di Dio, del resto le situazioni attuali parlano chiaro. Quel Dio è la parte vile di noi che utilizziamo per trovare delle giustificazioni.
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 4Vuole il film porsi anche come un elogio della vita semplice della gente del Po e della genuinità di rapporti umani improntati su una dolcezza che è sempre più raro trovare?
Io credo che una dignitosa povertà nel senso di una non disponibilità d’abbondanza, che ormai accompagna la vita delle civiltà occidentali, sia una grande scuola di vita. E quindi quella semplicità è la necessità di distinguere sempre, ogni giorno, l’essenziale dal superfluo. Cos’è la semplicità se non l’essenziale? Del resto, Oscar Wilde diceva che «viviamo in una società in cui il superfluo è diventato una necessità», siamo alla fine dell’Ottocento ragazzi! (sorride). La semplicità porta a favorire i momenti di lieta cordialità. Per me il mondo rurale, nel quale sono cresciuto, mi ha lasciato questo tipo di insegnamenti. Certo nessuno invoca il ritorno al passato: noi dobbiamo andare sempre e comunque avanti, ma pensate alla capacità di vivere frugalmente, con l’essenziale. Oggi bisognerebbe andare a scuola di povertà nel contenere il disastro che la ricchezza sta producendo. Sto parlando della nostra realtà… come consumare meno acqua, meno energia: quella povertà è per me la scuola di vita per convertire comportamenti malsani.
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 5Anche i film, come i libri sono documenti di memoria, quindi si potrebbe rischiare un giorno di inchiodare anche i film, come avviene con i libri in “Centochiodi”?
Qualsiasi amore vissuto rimane memoria, non c’è dubbio. Fra gli amori finiti poi ci sono quelli che in realtà non finiranno mai: continuiamo ad amare le persone che abbiamo amato.
La memoria dei libri? ... Ecco ci sono dei libri che vanno dimenticati non per quello che c’è scritto ma per come noi lo abbiamo utilizzato. Quindi quei libri che hanno costituito per noi una tale forma di soggezione da mortificare il nostro legittimo diritto a pensare liberamente. Vi ricorderete di sicuro l’arroganza della cultura accademica che c’è nelle scuole: «devi pensarla così!». La vera cultura è la libertà di modificare la cultura, di rinterpretarla ogni volta, altrimenti è disciplina e non educazione.
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 6Perché ha deciso che questo sarà il suo ultimo film e perché ora vuole esplorare il linguaggio documentaristico?
La mia è una libera scelta, mi perdoni (sorride). Voglio andare da uomo comune in mezzo a uomini comuni. Non è facile spiegare in poche parole la ragione che mi ha portato a questa decisione. Invoco un esempio altissimo: Tolstoj ad un certo momento ha detto: «Basta, non scrivo più romanzi». Poi ha continuato a scrivere ma non ha più fatto narrativa.
Io credo che il cinema, che ha esigenze molto precise dettate da varie ragioni, anche economiche, un certo tipo di cinema, che soprattutto ad una certa età viene voglia di fare, abbia vita difficile. Ho sempre avuto un grande aiuto e non mi posso lamentare ma voglio andare in cerca di quel sentimento di realtà della strada che troppo spesso si dimentica di documentare. È bello dunque quel documentario che va a scoprire il sentimento di una realtà.
Ora sto facendo due documentari: uno su Terra Madre, in cui tutti i contadini del mondo si ritrovano a Torino per riproporsi come protagonisti della società futura e non di quella passata; l’altro è sulla conversione del territorio di Sesto San Giovanni, sotto un progetto di Renzo Piano, queste realtà in trasformazione mi affascinano molto. Poi ho progetto segreto… non so se… ma ve lo dico (sorride): voglio fare un lungo documentario andando in cerca della gioia. Vorrei intitolarlo “Chi vuol esser lieto sia”… e vi auguro di cuore questo (quasi commosso).
Intervista Ermanno Olmi: Domanda 7Cosa l’ha spinta a girare questa pellicola? Forse il disastro delle guerre attuali, la crisi nelle quali si trova oggi la Terra per cause di distruzione ecologiche o il fatto che sia la sua ultima opera?
In questo film c’è un sentimento di congedo che non vuole essere assolutamente melanconico. Lo faccio allegramente e, come nei congedi, mi domando: «cosa lascio indietro che mi piacerebbe avere ancora con me?»… Io non ho esitazioni nel dire che vorrei avere un compagno, non dico come Gesù Cristo, ma come qualcuno che un poco gli somiglia.
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Centochiodi
di Ermanno Olmi
Drammatico, 2005
92 min.
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2011  Il villaggio di cartone
2009  Terra madre
2005  Centochiodi
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Vince Tornatore
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