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La passione portata alle estreme conseguenze. Un erotismo al confine con la tortura, che piano piano si trasforma in qualcos'altro: in una forma folle, estrema di tenerezza, con la violenza che cede il posto alla scoperta del piacere femminile. Eccolo, il melò spionistico, 'patriottico' e quasi noir Leone d’Oro di Venezia 64, il presunto film scandalo della Mostra, "Lussuria" (Lust, Caution), diretto dal regista taiwanese Ang Lee e interpretato dal divo asiatico Tony Leung e dall'esordiente Tang Wei. |
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Leone d'Oro a Lust, Caution. Per il regista taiwanese Ang Lee si tratta del secondo Leone d'oro dopo quello vinto nel 2005 per Brokeback Mountain. |
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Quando mi hanno chiesto di tornare a Venezia non mi sono domandato neanche perché; me lo stavano chiedendo sette grandi registi. Questo Leone dato da loro è un vero onore per me. Questo film mi ha portato in posti particolari, vi ho chiesto di seguirmi e di venire lì con me. Vedo i sette registi della giuria come i sette samurai che mi hanno salvato. Ringrazio tutti per questo premio. |
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Dopo Brokeback Mountain, lei torna a raccontare una storia d'amore e di grandi sentimenti in cui il sesso gioca un ruolo molto importante... |
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Per me era necessario realizzare questo film. Quando ho letto il racconto sapevo di doverlo fare e l'ho fatto. Forse c'è un legame tra tutti i miei lavori, ma preferisco non analizzarlo troppo. I due film hanno motivazioni differenti, anche se non vedo una grande differenza tra raccontare una storia d'amore etero o omosessuale. Il sesso ha piuttosto a che fare con la comprensione di se stessi e la ricerca della propria identità. L'ambiguità che si cela tra i diversi ruoli è un'esperienza che mi piace pensare possa essere condivisa dal pubblico. Il mio cinema non è un'analisi della società, ma punta a raccontare ed esplorare le vite degli esseri umani. Il sesso, pur non essendo ovviamente l'unico, è un argomento centrale e molto importante nella vita delle persone. |
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Cosa l'affascinava della storia originale? |
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Per me il romanzo di Eileen Chang è il suo unico lavoro in cui parla di se stessa, mentre gli altri hanno a che fare tutti con personaggi ed elementi esterni. Sono solo 28 pagine in cui ho trovato una serie di elementi oscuri, perfetti per essere sviluppati in un lungometraggio. Quello che lei ha nascosto tra le righe rappresentava l'occasione perfetta per un film. Perché pur essendo chiaro e perfettamente comunicato con la sua scrittura, ci sono una serie di elementi nascosti all'interno di qualcos'altro. In questo senso il mio lavoro è stato quello di scoprire e mostrare quello che è segreto, oltreché sviluppare ciò che è chiaro. |
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Che rapporto ha avuto con questo libro? |
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Lo stesso che ho avuto con tutti gli adattamenti di altri libri: il testo è un punto di partenza che non può diventare una costrizione. Bisogna essere fedeli, ma al tempo stesso liberi. Soprattutto per una storia come questa che pochi cinesi conoscono. Il mio è il primo film, che io sappia, sui collaborazionisti cinesi degli invasori giapponesi. Per molti anni un argomento tabù in Cina. |
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L'essere un regista cinese che vive in America in che cosa l'aiuta per la comprensione del suo paese? |
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E' come guardare la terra dalla luna. Essere parte di due culture è un arricchimento che dona prospettiva al tuo lavoro e alla tua vita. Mettere una certa distanza ti aiuta a comprendere meglio i contorni delle cose. Comprendi tutto meglio: distingui i contorni e tutte le sfumature. Solo affrontando culture diverse puoi capirle tutte quante un po' meglio. Mi sento molto fortunato a potere avere avuto un punto di vista diverso sull'idea romantica della Cina con cui sono cresciuto grazie ai miei genitori. In più avere lavorato con un'industria meno evoluta rispetto a quella americana, mi ha aiutato nello sviluppare il mio senso cinematografico quando sono tornato in America a fare un altro tipo di cinema. |
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[ fonte: Cinema.it ] |
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