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Tratto dal romanzo “Quo vadis, baby?”, di Grazia Varesani, esce a fine Maggio l’ultimo film di Gabriele Salvatores: un noir atipico, fuori dagli schemi anche nella sua inusuale data d’uscita. Dopo Io non ho paura, il regista italiano spiega perché, nel cinema di adesso, bisogna non aver paura. |
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Quo vadis, baby? è tratto da un romanzo, così come lo era Io non ho paura: una coincidenza, o una scelta precisa? |
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Non è un caso, ma la volontà di allargare gli orizzonti di scelta del cinema italiano, ancora troppo legato alla commedia tradizionale ed al realismo e neorealismo: io ho tentato, e non solo negli ultimi anni, di guardare altrove. Creare una storia per un film o partire dalla storia di un libro è praticamente la stessa cosa, quello che conta è il modo in cui la si racconta. |
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Perché ha voluto girare un noir? |
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Penso che raccontare una storia sia la prima trasformazione della storia stessa: all’interno di un noir è molto più facile operare un lavoro di scomposizione e ricomposizione della storia che se ci si trovasse alle prese con un giallo. La prima cosa sulla quale il genere ti permette di innovare è l’intreccio dei piani temporali, senza la necessità di fissare dei precisi parametri spazio-temporali, al di fuori di un contesto specifico; inoltre c’è maggior possibilità di spaziare, raccontando magari qualcosa che esuli almeno in parte dalla storia vera e propria, operazione impossibile in un giallo. |
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A proposito di novità: la protagonista è una donna, una cosa nuova tanto per un suo film quanto per un noir. |
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La scelta del personaggio femminile per il film è ovviamente legata al libro di Grazia Varesani; per quel che riguarda i miei film precedenti è presto detto: il mondo femminile è per me ancora tutto da scoprire, mentre il tipo di donna di Quo vadis, baby? sentivo di conoscerlo così bene da riuscire a raccontarlo. |
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Perché, di che tipo di donna si tratta? |
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Si tratta di una donna non più giovane, ma ancora sotto i quaranta, single, anticonformista. |
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Perché ha scelto una musicista per questo ruolo, piuttosto che un’attrice? |
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Quello che mi serviva era un determinato carattere ed io, conoscendo Angela Baraldi da molti anni, sapevo che rispondeva alle mie esigenze molto più di un’attrice magari più professionale, ma senza le caratteristiche che ricercavo. |
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A livello emotivo uno dei punti di forza del film sembra essere la colonna sonora. Può considerarsi un punto cardine? |
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Lo deve: la musica è importantissima, in ogni film. Io non intendo la musica come qualcosa creato al servizio del film, ma qualcosa di autonomo, che offra uno sguardo diverso, partecipe o distaccato a seconda della situazione. |
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Il titolo del film… |
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Ma è il titolo del libro, innanzi tutto. Ed è molto cinematografica, questa frase brandiana. Non solo il film gioca su questa citazione, lo stesso libro ha qualità prettamente cinematografiche: l’investigazione che parte da un livello e finisce per essere un’indagine sull’investigatrice stessa, ma non solo. |
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Insomma, niente a che vedere con un noir classico. |
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Questo è quanto spero d’essere riuscito a fare. Ad iniziare dall’atmosfera, quasi psichedelica per il continuo sovrapporsi di portici a mo’ di labirinti (il film è girato a Bologna, ndr). La stessa protagonista, pur avendo caratteristiche riscontrabili nel vivere quotidiano, esula ampiamente dagli stereotipi del noir. |
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Anche il finale a sorpresa? |
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In che senso a sorpresa? È normale che un noir abbia un finale non ampiamente prevedibile. |
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Il riferimento era all’inserimento di una scena rivelatrice per lo spettatore, ma non per i personaggi. |
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Ah, questo; non credo sia qualcosa di rivoluzionario, anche nel genere. Rispecchia però la mia idea di cinema, qualcosa che non finisce con la pellicola, ma che continua a vivere nelle teste degli spettatori. Non è il protagonista che deve scoprire la verità, ma lo spettatore. |
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Un’ultima osservazione: perché ha scelto di lanciare Quo vadis, baby? a ridosso dell’estate? |
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Cos’ha di diverso l’estate? Il film era pronto per uscire, non vedevo il motivo di aspettare magari i festival autunnali, o il mercato natalizio. Questo sistema ha bisogno di continua rivitalizzazione, se adesso anche chi ha visibilità si tira indietro, distribuendo film solo in determinati momenti, ci si troverà ad avere sempre meno spazio per il cinema, meno appetibilità, meno introiti, meno produzioni, quindi un calo conseguente anche nelle distribuzioni, da cui tutto il ragionamento era partito. Inoltre ci sono pochi schermi, rapportati alla potenzialità dell’offerta cinematografica: utilizzare l’estate a pieno regime è il meglio che si possa fare. |
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