Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Intervista: Paul Haggis

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Esce venerdì 30 novembre, distribuito dalla Mikado in 180 copie, "Nella valle di Elah", secondo film da regista di Paul Haggis, premio oscar 2006 con "Crash - contatto fisico".
A Roma per presentare il film, visto in anteprima al Festival di Venezia, lo sceneggiatore di Clint Eatswood e degli ultimi 007 parla alla stampa del suo film 'scomodo'.
Scomodo al punto tale che in Europa piacerà molto più che negli Stati Uniti...
a cura di Glauco Almonte
Intervista Paul Haggis: Domanda 1Nel voler raccontare una storia sul dopoguerra, l'uso di un impianto classico per la messa in scena è stata una scelta o una necessità?
E’ stato molto difficile immaginare come poter raccontare questa storia; tutto è iniziato nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq: ero molto infastidito da quel che vedevamo e da quel che non vedevamo, e ho cominciato a cercare una storia da raccontare. E’ partito tutto da una fotografia, che si può vedere prima dei titoli di coda, poi ho trovato un articolo che parlava di una padre alla ricerca del figlio, scomparso dopo il ritorno dall’Iraq.
Mi piace, quando scrivo una storia, mettermi nei panni del ‘cattivo’ e chiedermi cosa avrei fatto io se mi fossi trovato nella stessa situazione; in questo caso non sono riuscito a trovare la risposta giusta.
Non si tratta di servire il paese, di commettere brutalità, di combattere per una causa: bisogna capire che noi stiamo chiedendo a questi giovani che mandiamo in Iraq di perdere la loro anima per noi. La prima vittima delle guerre è l’umanità.
Intervista Paul Haggis: Domanda 2Quindi l’assassinio è avvenuto perché si è persa la propria anima? O perché ormai uccidere è diventato divertente?
No, non è mai divertente. E’ che si perde velocemente la prospettiva.
C’è una ragione per il titolo del film: è perché questi soldati partono convinti di andare a fare del bene, si sentono dei David; là si accorgono di essere dei Golia, questo li distrugge.
Una mia conclusione è che si tratti di persone buone, poi accade qualcosa che le distrugge; se fossero cattive in partenza non sarebbero così sconvolte dalle atrocità che vedono o che compiono.
Tornano a casa distrutti e spesso se la prendono con le persone a loro vicine: il tasso di violenza domestica tra gli ex militari sta crescendo astronomicamente.
Intervista Paul Haggis: Domanda 3La perdita del confine tra bene e male è la conseguenza delle guerre in generale, o di questo tipo di guerra in particolare?
Tutte le guerre hanno le loro atrocità, tutte quante hanno un prezzo altissimo da pagare. Questa però è una guerra particolare perché è urbana, si svolge nelle città, nei villaggi, ci sono molte vittime civili. In “Flags of our Fathers” o in “Lettere da Iwo Jima” i morti erano soldati: c’è differenza nella propria reazione quando si uccide un soldato, anche se poi sotto l’uniforme è soltanto un ragazzo, o quando si lancia una granata e nell’accorgersi che i morti sono donne, bambini, vecchi.
Intervista Paul Haggis: Domanda 4Lei ha detto che uno dei danni è la cattiva informazione da parte dei giornalisti; è cambiata dopo questo film, o altri sullo stesso argomento, l’opinione pubblica?
Nella valle di Elah” non ha avuto un grandissimo successo negli Stati Uniti, ma è andato bene nel Midwest e nel Sud, luoghi dove vivono le famiglie che vedono i loro figli andare a combattere. L’opinione pubblica è cambiata? No. Ma spero che questo film funzioni in maniera lenta.
Intervista Paul Haggis: Domanda 5Veniamo al lavoro sui personaggi: prima delle sequenze più importanti vediamo sempre Hank appena sveglio… ha qualche significato particolare questa scelta?
Il primo significato è quello di un uomo che apre gli occhi e inizia a prendere coscienza della verità. Però cerca anche di tenere sotto controllo il mondo che conosce, precipitato in un caos del quale non sa niente.
Intervista Paul Haggis: Domanda 6Come in “Crash – contatto fisico” i personaggi hanno del marcio dentro. C’è continuità tra i suoi due film nella costruzione dei personaggi?
Quando disegno un personaggio guardo sempre a me stesso, una persona orribile che cerca di fare il meglio che può. Tutti possiamo essere al contempo buoni e cattivi, le contraddizioni nei personaggi li rendono umani.
Nello stile è diverso da “Crash” perché la forma deve essere funzionale al contenuto: guardo la materia e scelgo il modo migliore per rappresentarla. Si tratta di una grande tragedia americana: ho guardato allo stile di Ford e Antonioni.
Intervista Paul Haggis: Domanda 7Anche il luogo dell’omicidio è simile a quello di “Crash”…
Io non l’avevo notato. Sì, è vero, ma non era una cosa voluta.
Intervista Paul Haggis: Domanda 8Lei è anche – se non soprattutto – uno sceneggiatore: che ci dice dello sciopero in atto?
Anch’io sono in sciopero, e sono fiero di esserlo. Da voi la situazione è diversa, in Italia c’è il copyrigth, negli U.S.A. i diritti li hanno gli studios. Ci sono tanti sceneggiatori meno fortunati di me che si battono contro le multinazionali: noi sceneggiatori abbiamo chiesto di avere una piccola parte, ce la negano senza nemmeno intavolare una trattativa.
Quando si vende un DVD, sui 30 o 40 dollari, noi prendiamo 4 cents. Abbiamo chiesto: “possiamo passare ad 8?” Le grandi società ci dicono di no.
Intervista Paul Haggis: Domanda 10Qual è il fascino di sceneggiare storie su James Bond?
Adoro scrivere i film di James Bond. Mi trovavo in Umbria quando me l’hanno proposto: “ma li avete visti i miei film?”, ho detto. “Potrei riuscire a distruggere completamente James Bond…”
L’ho affrontato descrivendolo come qualsiasi altro protagonista, è un uomo, non un cartone animato.
Mi sono domandato: “cosa vuol dire uccidere un uomo?” E poi: “che succede tra James Bond e le donne?”
Sono un cinico romantico…
Intervista Paul Haggis: Domanda 11Nei titoli di coda ringrazia Clint Eastwood: per cosa, nello specifico?
Clint è il motivo per cui – o grazia a cui – il film è stato fatto.
Dopo aver finito le riprese di “Crash” ho portato la storia un po’ in giro, piaceva molto ma nessuno accettava di farmelo girare. Clint si è dimostrato subito interessato, ha detto che sarebbe stato difficile per il contenuto, ma io ho ribadito dicendo che secondo me si trattava di parlare della verità. Clint ha fatto le telefonate giuste.
Ha visto la copia quando era quasi finita insieme a Spielberg e a Stone, l’hanno trovato un gran film.
Intervista Paul Haggis: Domanda 12La metafora della bandiera rovesciata simboleggia un Paese che ha bisogno d’aiuto. Può aver urtato la sensibilità di alcuni americani?
Sicuramente ha disturbato molte persone, ma chi si sente urtato da questo per patriottismo è un idiota. Io mi ritengo un patriota, l’America sarà un grande Paese finché chi lo compone può mettere in dubbio ciò che fanno le autorità, non dobbiamo seguire ciecamente i nostri leader. Ho cercato di fare un film politico che non fosse di parte: questo è ciò che sta succedendo per colpa della guerra, a prescindere dalle posizioni individuali nei confronti della guerra.
Siamo in crisi e abbiamo bisogno d’aiuto.
I leader neocon che abbiamo oggi non sono repubblicani, sono fascisti.
Intervista Paul Haggis: Domanda 13E’ interessante il punto di vista, a proposito della storia della valle di Elah: gli americani dicono di essere Davide, per noi loro sono Golia.
Molti di quelli che hanno lavorato a questo film sono veterani per davvero, uno si è arruolato il 12 settembre 2001, tutti lo hanno fatto convinti che fosse la cosa giusta. Sono i politici che li usano in maniera ingiusta. Questi politici sono una vergogna non solo per i repubblicani, ma per tutti, purtroppo rappresentano anche me.
Intervista Paul Haggis: Domanda 14Però nel film non compare nessuno di questi politici. Perché?
E’ troppo facile fare un film dicendo: “guarda Bush, ha torto”.
Rilassatevi, è solo un giallo. Invece di dire delle cose, un film deve farle sentire; mano a mano che la storia va avanti ti rendi conto. Sono partito dalla persona più scomoda, un ex soldato che crede nel suo paese e pian piano apre gli occhi.
Un film è diverso da un documentario, deve essere un’esperienza emozionale.
E poi non ho fatto questo film per voi, ma per chi pensa che la guerra sia giusta e manda i nostri figli laggiù. Se diventa più universale, tanto meglio.
Intervista Paul Haggis: Domanda 15Secondo lei, perché questo film non ha avuto successo in America?
Spero ancora che possa averne in futuro, a dicembre riuscirà in sala a Los Angeles, poi in DVD.
Comunque, immaginate di vivere negli Stati Uniti: è venerdì sera, volete andare al cinema. Io dico che volete vedere una commedia…
Credo che sia sempre difficile per chi vive le cose confrontarsi con quello che sta succedendo davvero.
E’ un altro motivo per cui odio Bush: mi ha reso una persona noiosa, prima facevo commedie, thriller, è colpa sua se ora faccio questo genere di film.
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Nella valle di Elah
di Paul Haggis
Drammatico, 2007
120 min.
Film diretti:
2013  Third Person
2010  The Next Three Days
2007  Nella valle di Elah
2004  Crash - Contatto fisico
Atri film:
2008  007 - Quantum of Solace
2006  Lettere da Iwo Jima
2006  Casino Royale
2006  Flags of our Fathers
2006  The Last Kiss
2004  Million Dollar Baby
Paul Haggis
La libertà di cambiare, e di perdere la libertà
Festival di Venezia 2007
64esima edizione
Paul Haggis
Leggi l'intervista a Paul Haggis per “The Next Three Days
Paul Haggis
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