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Presentato questa mattina alla Casa del Cinema di Roma, "L'amore ai tempi del colera", primo film di Mike Newell post "Harry Potter e il calice di fuoco", tratto dall'omonimo romanzo, assoluto bestsellers, di Gabriel García Márquez. In conferenza, accanto al regista inglese, Giovanna Mezzogiorno ammette quanto ha dovuto faticare per riuscire a interpretare un personaggio così complesso e conosciuto; ma anche come era impossibile lasciarsi sfuggire una produzione e soprattutto un'occasione simile che così raramente capita agli attori italiani. |
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Quanto è stato difficile interpretare una così nota eroina della letteratura? |
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Ho incontrato a Londra Mike Newell senza ancora sapere cosa realmente dovevo fare. Inizialmente pensavo dovessi interpretare solo una parte della vita di Fermina, invece lui mi ha proposto l'intero film. Questo mi ha dato una fiducia incredibile, ho capito l'opportunità che mi si presentava e allo stesso tempo anche la sua evidente complessità. L'intero cast ha reagito come me. A Cartagena, un mese prima del film, ricordo come sia io che Benjamin che Javier, fossimo letteralmente terrorizzati da questi ruoli così grandi e popolari nell'immaginazione della gente. Avevamo paura di sbagliare, di non riuscire ad esprimere fisicamente i personaggi; ho sentito una pressione fortissima ma vi assicuro ho dato il massimo per ripagare la fiducia di Mike. |
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...e cosa ama di questa donna? |
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Fermina è difficile. Lei è l'eroina di un romanzo d'amore senza esserne il lato romantico; anzi ci rinuncia proprio, preferendo stabilità e posizione sociale, dimostrando in questo una grande modernità. Riesce a sopperire con la costanza e la determinazione di una donna fortissima. E' coerente ed estrema ma lontana, molto lontana da me... |
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Invece che ne pensi della tua interpretazione e che effetto ti ha fatto vederti sullo schermo così invecchiata? |
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Finora ho visto il film solo due volte e solitamente sono molto severa nei miei confronti. Lo devo vedere ancora tanto per rilassarmi e trovare lo sguardo giusto e obiettivo per un progetto così importante. Ma sono già certa di essere contenta di aver accettato questa sfida e fiera di aver svolto un lavoro immenso.
Invecchiare non mi ha disturbato affatto, non ho mai avuto problemi a vedermi brutta, soprattutto di fronte all'importanza di un ruolo così noto e amato. |
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In Colombia, alla presentazione del film, molte donne hanno pianto nel vedere sullo schermo la loro eroina di Cartagena, capace di vivere così intensamente amore e disamore... |
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Un amore così è spaventoso, la sua devozione fa paura e se da giovane può essere accettata dopo diventa terribile. La passione provoca disperazione e sofferenza. Fermina e Florentino di conseguenza, riassumono perfettamente la scelta della rinuncia ma anche il prezzo che si paga.
Descrivere Fermina è impossibile, dimostra che non c'è una sola forma d'amore e che il lato romantico può essere anche sostituito dalla realtà e dalla devozione quotidiana. Però è anche istinto puro quando è capace a settant'anni di vivere intensamente e fisicamente l'amore.
Questo film è un miracolo, riuscire a raccontare intere vite in sole due ore e venti è stato incredibile, non so come abbiano fatto. Io pensavo ce ne volessero almeno sei e invece sono riusciti a trasformare dieci pagine di romanzo in una sola frase senza perdere mai le giuste atmosfere.
Ma non ho pianto...per adesso almeno...non ancora. |
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Che ne pensi di Gabriel Garcia Marquez? |
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Ho letto molto Marquez da adolescente, è un grande scrittore e penso che questo sia il suo romanzo più adatto alla trasposizione cinematografica. Le immagini e questa storia d'amore così concreta, forte e terrena sono una sceneggiatura fortissima. Non credo però che tutti i suoi libri possano essere facilmente portati sullo schermo, ad esempio non riesco proprio ad immaginarmi Cent'anni di solitudine. |
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