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Dopo aver ricevuto non pochi elogi dalla critica e dal pubblico di Cannes, esce mercoledì 11 Giugno Il resto della notte. Distribuito da 01 Distribution, il secondo lungometraggio di Francesco Munzi è stato presentato alla Casa del Cinema di Roma, dove ha incontrato la stampa il giorno in cui tutto il mondo del cinema ha dato l'ultimo saluto ad un grande del cinema italiano, Dino Risi, scomparso due giorni prima. |
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Il film esce in un momento particolare, con la politica ossessionata sul tema della sicurezza. Credi che il tuo film possa essere strumentalizzato? |
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In effetti è stata una coincidenza. Che dire, la paura c’è stata, ma il film tende a “spiazzare” sia la sinistra che la destra, e questo perché ho sentito l’esigenza di restituire complessità alla realtà: mentre la politica fisiologicamente tende a semplificarla, io ho cercato di descrivere sia il bene che il male di tutte le persone rappresentate. |
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E questo può spiazzare. |
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Esatto. E’ quello che volevo, senza però voler essere strumentalizzato. Sono partito semplicemente da un fatto di cronaca nera, e da lì mi è venuta l’idea di parlare delle zone d’ombra dell’immigrazione, che personalmente reputo fondamentale sia per la cultura che per l’economia del paese. Un’integrazione che oggi, in questo Italia, è molto difficile. |
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E il titolo da dove nasce? |
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Il titolo secondo me dovrebbe sempre trasmettere delle suggestioni; nel mio caso “Il resto della notte” suggerisce l’idea di ciò che questa notte lascia con sé. |
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Una notte che lascia poche speranze… |
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Nel film nessuno è innocente, perché i personaggi si muovono in una complessità che non dà spazio a personaggi eroici come quello di Saimir: l’unica persona che si riscatta è Victor, che attraverso un’avventura presa per gioco che però diventerà una tragedia, prende coscienza di sé e del mondo che lo circonda. |
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Come spieghi il successo che hanno avuto i film italiani a Cannes, compreso il tuo? |
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Partendo dal presupposto che sono film belli, penso che il motivo sia il ritorno ad un linguaggio cinematografico efficace, che è riuscito a conquistare il pubblico trattando temi che per quanto importanti e interessanti, avrebbero potuto correre il rischio di non essere apprezzati. Solo poco tempo fa se un produttore avesse avuto tra le mani un film come Gomorra o Il divo difficilmente avrebbe rischiato, mentre Cannes è stato un segnale importante che spero venga preso in considerazione. |
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Come mai ci sono voluti quattro anni prima di rivedere un tuo film? |
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Beh, non cerco giustificazioni e sicuramente non mi unisco al classico coro di chi si lamenta del cinema italiano, dell’incapacità dei produttori o del budget limitato… Diciamo però che in realtà sono stati tre anni e non quattro, se calcoliamo che per un anno intero ho pensato solo alla promozione del mio primo film, Saimir, che ha avuto una storia piuttosto travagliata. |
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