E' stato presentato alla stampa stamani a Roma “Un altro mondo”, secondo film da regista di Silvio Muccino, in sala da mercoledì 22 dicembre. Silvio impersona Andrea, un ventottenne con rapporto conflittuale con i genitori, che andando in Kenya per la morte del padre scopre di avere un fratello di 8 anni, Charlie. Tornato a casa col piccolo, vive un momento difficile insieme a Livia (Isabella Ragonese) nel ruolo di genitore improvvisato, in cerca di una soluzione per il fratello, ma anche per sé.
Mano male che Silvio c'è... come potremmo fare, altrimenti, noi critici cattivi, registi falliti che girano come avvoltoi intorno a chi i film può permettersi di farli? Silvio si smarca dal fratello (anche nella vita, secondo quanto Gabriele ha detto pochi giorni fa) ma non da se stesso: rispetto a “Parlami d'amore”, questo film è leggermente meno irritante e meno ingenuo, e ha comunque il merito, nelle intenzioni, di affrontare un tema socialmente rilevante. Il problema è che il vero tema affrontato è, come sempre, il ragazzo allo sbando che, attraverso la sofferenza degli altri (e di riflesso la propria) recupera la retta via. Il drammatico “Un altro mondo” finisce così per assomigliare fin troppo alla commedia “Parlami d'amore”, con la stessa psicologia da quattro soldi (il conflitto con i genitori, l'amico che resta sulla cattiva strada, la donna traumatizzata per problemi famigliari) e, cosa ben più grave, un'altra sceneggiatura incapace di risolvere il conflitto in maniera credibile, con dialoghi involontariamente comici e scene madri mal costruite (e mal girate, nel caso specifico); la prima volta si chiude un occhio, la seconda no. Per il resto Muccino regista mostra qualche qualità, ma da attore non è in grado di assecondare una Ragonese su alti livelli e capace di comunicare una vasta gamma di emozioni. Visto che comunque il prodotto-Muccino è lanciato, e non sarà la critica a fargli cambiare rotta, c'è da augurarsi che scelga almeno un protagonista diverso (troppa grazia sarebbe chiedere anche un'altra sceneggiatrice), rinunciando alla parte divistica che non è in grado di sorreggere, e pensando a fare una sola cosa ma bene. |