Passato a Venezia in occasione della consegna del Leone d'Oro alla carriera a David Lynch, esce oggi nelle sale italiane "INLAND EMPIRE"; un'esperienza unica per lo spettatore. Un viaggio tra incubi, stati mentali allucinati e sdoppiamenti della personalità.
Se è vero che la narrazione non lineare sta prendendo il sopravvento, David Lynch ha dimostrato, ancora una volta, di essere stato un precursore. Chi oggi si dispera, con piacere, dietro alle involuzioni narrative di "Lost", racconto che non spiega, che non si chiude, che si lascia aperto, dovrebbe in fondo riconoscere, nei film di Lynch la stessa cifra stilista, anzi, l'origine, l'intuizione che è possibile liberarsi della gabbia di una narrazione lineare.
E in un mondo non lineare è Homer Simpson che ha sintetizzato meglio di qualunque critico la Lynch Experience quando, ipnotizzato di fronte a "Twin Peaks", riesce solo a dire "non ci capisco niente, ma mi piace tantissimo". Dovrebbe, dicevamo, lo spettatore di "Lost", che oggi si chiede cosa ci sarà (o c'era) nelle botola o chi sono gli altri, ricordarsi (se ha l'età giusta) che quindici anni fa si chiedeva, con la stessa dubbiosa insistenza, "Chi ha ucciso Laura Palmer?" per poi dare ascolto ad un nano che parla all'incontraio nei sogni.
E' stato, David Lynch, sempre un passo avanti rispetto all'evoluzione della narrazione. E chi oggi, di fronte a "INLAND EMPIRE" storce un po' il naso, dovrebbe concedere a Lynch quella fiducia che il regista di Missoula si è conquistato negli anni. |