Il 22 giugno 1906 nasceva in Galizia, ex - impero austroungarico, un genio del cinema: Billy Wilder, ricordiamolo.
La vita - Raccontata dallo stesso protagonista nello splendido libro "Conversazioni con Billy Wilder" curato da Cameron Crowe (regista di Almost famous) - è paragonabile a un film, un film di genere vario: tra il noir e la commedia, tra il bellico e il sentimentale. Ci sono aneddoti sulla vita di Wilder che coinvolgono personalità cruciali della cultura del Novecento. Un esempio? Poco più che giovanotto, il nostro fu inviato a intervistare uno psichiatra, che aveva da non molto dato vita alla psicoanalisi, si chiamava Sigmund Freud. Wilder arrivò a casa di Freud mentre il dottore stava finendo di mangiare; la cameriera chiese al giornalista Wilder - che aveva lasciato da poco l'università - di attendere. Freud, che non voleva farsi intervistare, si limitò a pronunciare una sola frase: "quella è la porta!". Il modo distaccato e ironico con cui Wilder racconta quest'aneddoto o gli altri mille (dalla descrizione della meschinità di Bogart al pomeriggio trascorso con Jfk parlando di "donne e stronzate") è lo stesso con cui il grande regista trattava i suoi personaggi.
C'è sempre distacco tra lo sguardo del regista Wilder e i mondi narrativi che crea: che si tratti di capolavori della commedia sofisticata (L'appartamento, A qualcuno piace caldo, Irma la dolce) o di pietre miliari del noir (La fiamma del peccato, Viale del tramonto, Fedora), l'occhio del regista è paragonabile a quello di un entomologo: spietato, freddo. Il calore che i personaggi di Wilder emanano è proprio ottenuto mediante questo metodo: s'instaura un rapporto più stretto con i personaggi proprio perché il regista fa di tutto per negarcelo. Wilder è inarrivabile per i tempi comici che sapeva dosare come nessun altro, maiuscolo nella direzione degli attori, superlativo nella creazione di situazioni paradossali. |