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Timbuktu mette in scena in maniera convincente la crudezza (più che la crudeltà) dei paesaggi e delle vicissitudini del Sahel. Più che la narrazione, di questo film rimangano impressi alcuni significativi fotogrammi: la partita di (non) pallone, il canto spezzato di Fatoumata Diawara, il fermo immagine al tramonto sul Niger. E' uno stile narrativo africano, a cui probabilmente non siamo ancora abituati, e che spero possa moltiplicarsi presto con molte altre pellicole distribuite nei circuiti internazionali.
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È bello veder finalmente un film in cui è l'Africa a parlare di se stessa e dei suoi problemi, tirando fuori una propria voce e un proprio sguardo. il film di Sissako non è perfetto, ha un ritmo lento e risulta a tratti poco convincente nell'alternare registro drammatico e satirico, ma merita ugualmente rispetto e attenzione (anche se forse la nomination all'oscar è un po' eccessiva)
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