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Mardin, 1915. Una notte la polizia turca fa irruzione nelle case armene e porta via tutti gli uomini della città, incluso il giovane fabbro Nazaret Manoogian, che viene così separato dalla famiglia. Anni dopo, sopravvissuto all'orrore del genocidio, Nazaret viene a sapere che le sue due figlie sono ancora vive. L'uomo decide così di ritrovarle e si mette sulle loro tracce. La ricerca lo porterà dai deserti della Mesopotamia e l'Avana alle desolate praterie del North Dakota. In questa odissea, l'uomo incontrerà molte persone diverse: figure angeliche e generose, ma anche incarnazioni demoniache. |
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News sul film “Il Padre” |
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Faith Akin protagonista del Festival del Cinema Europeo di Lecce ( 8 Aprile 2015)
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Insieme a Bertrand Tavernier, sarà Fatih Akin l’altro Protagonista del Cinema Europeo, sezione del Festival del Cinema Europeo (Lecce, 13 - 18 aprile) diretto da Cristina Soldano e Alberto La Monica. Ogni anno la manifestazione salentina propone due omaggi a grandi interpreti del cinema europeo con la retrospettiva dei loro film, scelti insieme al regista.
Figlio di immigrati turchi, Fatih Akin, nato ad Amburgo nel 1973, è il primo regista tedesco ad aver vinto dopo 19 anni l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, con “La sposa turca” nel 2004. Era quello il primo film della trilogia sull’amore, la morte e il demonio che, proseguita con “Ai confini del paradiso” nel 2007, si conclude ora, a distanza di dieci anni, con “Il padre” (“The Cut”), che uscirà nelle sale con BIM il prossimo 9 aprile. Al Festival del Cinema Europeo saranno presentati in una retrospettiva a cura di Massimo Causo, nove titoli del regista, a partire dai sopracitati della trilogia, ai quali si aggiungono film mai distribuiti in Italia come la sua opera d’esordio “Kurz und schmerzlos” (“Short Sharp Shock”) del 1998 premiato sia al Festival di Locarno sia a quello di Amburgo. [...] |
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prendi un attore incapace di recitare e digli che non deve neanche parlare, poi dagli da reggere sulle spalle una specie di sceneggiato televisivo alla Michele Strogoff con tutta la retorica e la pesantezza di un sermone, senza dimenticare di sollecitare di quando in quando le più facili emozioni dello spettatore - se non altro per evitare che si addormenti. l'ultima fatica di Atkin è davvero una gran fatica da vedere fino in fondo, un interminabile ed estenuante pippone morale che sentendosi forte dei suoi nobili intenti si permette di andare avanti sempre uguale a se stesso per più di tre ore e che finisce per mietere in sala anche più vittime che sullo schermo, e con ogni probabilità lo strumento peggiore attualmente a disposizione per appassionarsi o anche solo interessarsi alla causa degli Armeni.
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Lineare, piatto, telefonato, a tratti patetico, senza emozioni, interpretazioni senza guizzi, monotono, avvitato sulla ricerca dell'immagine ad effetto e della migliore fotografia, musiche che non coinvolgono: insomma, film abbastanza mediocre. Salvo la scena in cui, in un cinematografo improvvisato su un muro, Chaplin fa ridere tutti. Akin stavolta, purtroppo, fallisce.
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