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Perché si è ucciso David Foster Wallace? Non è una domanda ma solo la constatazione di una realtà che segna l'inizio e la fine di End Of The Tour, un film sicuramente necessario per far conoscere un personaggio simbolo della cultura americana di fine secolo; discusso, incompreso e sfuggente ma all'unanimità considerato come un grandissimo rappresentante della letteratura USA. La bellezza del film sta nella capacità di ricreare, oltre a un'epoca, quella dei '90 così vicini e così lontani, la figura di antidivo di Wallace, il suo carattere, il suo pensiero, attraverso uno scambio continuo con l'altro David che diventa per forza di cosa a sua volta protagonista del film. Due esseri umani che si incontrano, comunicano in un America già avviata ad essere quella che oggi conosciamo eppure ancora così lontana dagli stereotipi attuali, una conversazione a tratti leggera e a tratti pesante almeno quanto le 1000 pagine di Infinite Jest. Bellissima la colonna sonora curata da Danny Elfman
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Il biopic è il più insidioso dei generi: se garantisce la presenza di un pubblico, rischia facilmente di degenerare nell'agiografia, nel "santino" più convenzionale e superficiale. Il film di Ponsoldt evita questo peccato capitale grazie alla scelta di concentrarsi sullo scontro generazionale e di rinunciare in partenza a offrire un ritratto completo di Wallace: riesce così a mantenere un buon equilibrio, e perfino a commuovere lo spettatore in più punti, invogliandolo ad approfondire la conoscenza dello sfuggente scrittore.
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