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Tra il neorealismo di Kiarostami il surrealismo di Buñuel e certi primi piani alla Leone, Reygadas mette in scena, da un lato un Messico lontano dalle rotte turistiche e da quelle del narcotraffico, lontano dalle cronache ma vicinissimo alla realtà che è anche quella di un continente intero. La povertà della campagna, della vita semplice, che lotta quotidianamente per non diventare miseria, degrado. Che è li' immobile e inamovibile da sempre come raccontava Marquez nei suoi romanzi con magico realismo. Dall'altro la figura del protagonista, fuori posto oggettivamente e anche per scelta che poco a poco non può esimersi dal diventare parte del luogo, della gente, del tutto. Il film cambia spesso registro dal punto di vista estetico, contrastando con la lentezza con cui scorre la storia, il quotidiano. Un lavoro complesso, difficile da digerire, cinico, pieno di simboli cinematografici e di un onirismo decadente in cui anche la musica gioca una parte nel creare contrasti spiazzanti.
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