Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Ago Panini L'erba cattiva

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a cura del direttore Danilo Maestosi
Non perdetevi l’ultimo lavoro di Ago Panini. No, non è uno di quegli spot pubblicitari ricchi d’invenzioni con cui si mantiene. E neppure un film, anche se potrebbe diventarlo e lasciar anche il segno, purchè non cada in mano ai fans dei lucchetti d’amore a ponte Milvio, a quelli che i giovani sono solo notti prima degli esami. L’unico lungometraggio che porti la sua firma resta “Aspettando il sole”, l’opera prima con cui vinse l'Arco d'Oro nella terza edizione dell’Est Film Festival di Montefiascone, una commedia in nero che sprizzava sarcasmo e vitalità e sparigliava i ruoli abituali di un drappello di divi da copertina. Troppo controtendenza per trovar cartellone.
Invece è un libro, che si può ancora trovare sullo scaffale delle novità: «L’erba cattiva», Indiana editore, 218 pagine, 12,50 euro. Un romanzo d’iniziazione che racconta la storia del nostro futuro regista da cucciolo. E la sua avventura nel mondo del rock fai da te sullo sfondo della Milano anni Ottanta. Uno spartito di prime volte: la prima sbronza, la prima esperienza di sesso, i primi patemi d’amore, la prima volta sul palco, la prima tournè, la prima canzone buttata giù per far repertorio, il primo disco. Esperienze vissute in presa diretta: Ago Panini è stato bassista in una band con più di trecento concerti alle spalle, e un album inciso per la Emi, gli Ottantotasti, anche se qui sulle pagine di quest’anomala biografia è camuffata dietro un nome più accattivante, gli Herba mala. Una narrazione in apnea. Storie, personaggi, incidenti, delusioni, conflitti prendono vita sapore da una sorta di incalzante balbettio di frasi mozze, pensieri concitati, dialoghi improbabili, come se l’io narrante, il piccolo Ago, per tirar fuori quello che gli urge dentro, dovesse ogni volta percorrere di corsa cinque o sei piani di scale e poi giunto sul palco ricostruisse quello che gli è appena successo col fiato corto, l’affanno, il respiro spezzato di un tuffatore, di un maratoneta che è solo a metà gara, deve ricominciare a correre e ci invita a seguirlo, se vogliamo capire come andrà a finire. Un artificio di stile, una frenesia di montaggio che danno corpo e spessore a questo romanzo, perchè che altro è l’adolescenza se non un inseguimento “A bout de souffle”, come il film di Godard? Molta nostalgia, certo, il ricordo è carne viva, ferita che brucia. Ma mai maniera, nei venti anni in fuga e nel mondo del rock di Ago Panini, impossibile separare paradiso e inferno.
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