Marzo inizia nel segno del cinema italiano, con quattro uscite rilevanti il primo weekend: la copertina va ai fratelli Paolo e Vittorio Taviani, freschi vincitori dell’Orso d’oro al Festival di Berlino e in sala con la docufiction “Cesare deve morire”, distribuita dalla Sacher di Nanni Moretti. Uscita di peso ancor maggiore è quella di “Posti in piedi in paradiso” di Carlo Verdone, incasso garantito dalla solita maestria di Carlo nel costruire storie bilanciate, divertenti e sempre attuali, affiancato sul set da Micaela Ramazzotti (sempre più brava in un ruolo ormai consueto per lei), Marco Giallini (il vero epicentro del film, e non sarà un caso se le sue due prove migliori sono questa e “Io, loro e Lara”) e “Pierfrancesco Favino”, per una volta in secondo piano rispetto alla miriade di film girati negli ultimi due anni (ne è in uscita un altro a fine mese). Da una parte l’usato più che garantito dei Taviani e Verdone, dall’altra due giovani che non convincono, Matteo Rovere che dopo “Un gioco da ragazze” ci riprova con “Gli sfiorati” ma non mostra passi avanti e l’esordiente Alessandro Piva, il cui “Henry” ha avuto successo al Festival di Torino ben oltre i propri meriti.
Insieme ai quattro film di casa nostra arrivano in sala il buon “50 e 50”, cancer movie poco interessante ma realizzato molto bene che la Eagle Pictures porterà su pochi schermi, l’action-thriller classico “Safe House” impreziosito da un impeccabile Denzel Washington e da comprimari all’altezza e il thriller-horror “The Woman in Black”, tentativo di tirar fuori da Hogwarts Daniel Radcliffe, ma che difficilmente tirerà fuori i suoi fan da casa.
Il secondo venerdì del mese è preceduto dall’uscita dell’avventuroso “John Carter” e del delicato “A Simple Life”, in sala in occasione della Festa delle donne. Nel weekend spazio a due buone commedie, “La sorgente dell’amore” di Radu Mihaileanu, regista di “Train de vie” e più recentemente de “Il concerto”, e il più che brillante “Young Adult” di Jason Reitman, acclamato autore di commedie quasi perfette da “Thank You For Smoking” a “Tra le nuvole” passando per “Juno”, di nuovo in collaborazione con Diablo Cody. Per chi non ne avesse abbastanza dei thriller prevedibili o di Richard Gere segnaliamo “The Double”, ma il consiglio va verso il più drammatico e reale “Là-bas” (da pronunciarsi con accento napoletano), uno dei tanti figli di “Gomorra”.
Due commediacce tipiche della contemporaneità del cinema italiano caratterizzano la fase centrale del mese, l’ennesimo passaggio da Zelig al grande schermo stavolta ad opera del poco comico Giovanni Vernia alias Jonny Groove (“Ti stimo fratello”) e “10 regole per far innamorare”, inaspettato salto nel cinema commerciale da parte di Cristiano Bortone, che nei suoi primi film aveva mostrato forti pretese di autorialità (ma evidentemente non incassare mai alla lunga pesa, nonostante i molti premi vinti da “Rosso come il cielo”). A queste si aggiunge, a fine mese, il nuovo film dei Vanzina, “Buona giornata”. Grazie, basta non andare al cinema.
Continuando il discorso sul cinema italiano, unico protagonista del mese di marzo, c’è molta attesa per due autori di successo e un aspirante: Ferzan Ozpetek che propone “Magnifica presenza”, una commedia tendente al thriller psicologico con Elio Germano, Marco Tullio Giordana che continua nel suo percorso attraverso la storia del nostro Paese con “Romanzo di una strage” (Piazza Fontana, Luigi Calabresi – Valerio Mastandrea, l’anarchico Pinelli – di nuovo Pierfancesco Favino, come anticipato); l’aspirante regista di successo è Lucio Pellegrini che porta in sala “E’ nata una star?”, puntando dopo “La vita facile” su attori più riconoscibilmente comici per dare ampio sfogo al suo registro preferito.
Sei prodotti di qualità fanno compagnia a quelli nostrani nell’ultima parte del mese: si comincia venerdì 23 con “Cosa piove dal cielo?”, traduzione poco fedele ma abbastanza sensata dell’argentino “Un cuento chino”, vincitore all’ultimo Festival di Roma sia del premio del pubblico che sia quello della critica, “The Lady” sulla birmana Aung San Suu Kyi con cui Luc Besson ha aperto lo stesso festival capitolino, l’ottimo “17 ragazze”, tratto dalla vera storia di 17 ragazze di un liceo di un piccolo paese bretone che rimasero incinta contemporaneamente, e “The Raven” (ovvero “Il corvo”, ma tradurlo così in Italia sarebbe costato troppo), thriller del regista di “V per Vendetta” con protagonista niente meno che Edgar Allan Poe (John Cusack), in azione per smascherare un criminale che uccide prendendo spunto dai suoi romanzi. A fine mese esce, neanche a farlo apposta, un altro reduce del Festival di Roma, la commedia franco-belga “Il mio migliore incubo!” (ma perché tradurre così un film il cui titolo originale è “Il mio peggiore incubo”?) con Isabelle Huppert e Benoît Poelvoorde protagonisti di un duetto continuo ad alto tasso di sarcasmo e situazioni politicamente scorrette; attesa anche per “Marigold Hotel” di John Madden, del quale dopo “Shakespeare in Love” si contano molti più fiaschi che successi, in una continua alternanza di generi che lo posta stavolta a girare in India uno pseudo-dramma con un cast da commedia inglese a cui si aggiunge Dev Patel, giovane protagonista di “The Millionaire”.
Chiudiamo con l’offerta 3D, concentrata a fine mese: stavolta niente animazione (andrà meglio a Pasqua) ma film ad alto tasso adrenalinico, da Nicolas Cage che torna ad indossare i panni del demoniaco “Ghost Rider” a Sam Worthington di nuovo in quelli di Perseus ne “La furia dei titani”, inutile sequel dello “Scontro”, per finire con l’horror “Paranormal Xperience”, non un sequel ma un titolo ottenuto combinando un aggettivo e un sostantivo presi dagli ultimi horror di successo. |