Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Darren Aronofsky Reinventarsi senza perdersi

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a cura di Giordano Rampazzi
Non si può cominciare a parlare di Darren Aronofsky senza partire paradossalmente dal suo film più classico e lineare: "The wrestler" (2008) è il film che è valso al regista statunitense il Leone d’Oro al Festival di Venezia e gli ha regalato notorietà e apprezzamenti unanimi. Da regista di culto cervellotico ad artista completo e profondo.
E’ bastato prendere una storia che tutti abbiamo nel nostro bagaglio cinematografico, quella di un eroe lontano dai suoi momenti d’oro e sconfitto ormai dalla vita. E’ bastato prendere come spunto il mondo del wrestling, non molto conosciuto dalla gente e forse un po’ dimenticato dal cinema. E’ bastato costruire il progetto su Mickey Rourke, uno dei pochi attori in grado di immedesimarsi a pieno nel protagonista, fornendo una prestazione libera e sublime, capace di spezzarti il cuore con un solo sguardo. E’ bastato commissionare a Bruce Springsteen una canzone sui lottatori caduti e la guerra. E’ bastato imparare da Cronenberg e sfruttare le sue lezioni di cinema e il suo culto per i corpi. E’ bastato essere umili e curiosi e provare a raccontare l’intimità e il dramma di un uomo, senza usare troppi accessori né promettere nulla. E’ bastato, in fondo, Darren Aronofsky per dirigere "The wrestler", il suo capolavoro più insospettabile, il suo punto di partenza per una nuova carriera cinematografica che lo vedrà libero da etichette e da costrizioni e lo lancerà in progetti più ambiziosi, magari seguendo il percorso del collega Christopher Nolan.
Per Darren Aronofsky, regista visionario e ossessivo, arriva dunque la giusta ricompensa per la sua filmografia contenuta ma preziosa. Non gli erano certo andate giù le critiche feroci a "L’albero della vita - The Fountain" (2006), forse il meno riuscito dei suoi film, ma certamente il più ambizioso e originale, il più metafisico e il più esistenziale. Un viaggio attraverso i secoli alla ricerca dell’immortalità, un albero della vita che il protagonista maschile cerca disperatamente di trovare per salvare la donna che ama. Un tentativo che Aronofsky sente proprio, tanto da ammettere che potrebbe rimetterci mano e ampliarlo con scene inedite, rilanciandolo nuovamente in sala, dove il film era passato quasi inosservato e aveva racimolato solamente 16 milioni di dollari a fronte dei 35 spesi. "The Fountain" è inoltre venuto alla luce dopo diversi problemi sul set, riduzione del budget e imprevisti abbandoni da parte del cast e a ben 5 anni di distanza dal suo film precedente.
"Requiem for a dream" (2000) è un’opera anch’essa estrema ma soprattutto un adattamento dell’omonimo romanzo di Hubert Selby Jr.. Più attaccato alla realtà di quanto non fosse il precedente "Pi greco" o "The fountain", il film è comunque una rappresentazione ossessiva e allucinata di una società abbandonata e cupa. "Requiem for a dream" è un sogno visionario che si fa incubo, un’esplorazione piena di aggressività e spavento ma in fondo anche di umanità, un film sulla dipendenza e sull’utopia dell’amore, che mostra i corpi dei protagonisti per descrivere il decadimento del sogno americano.
Il vero e proprio film culto per gli appassionati di Darren Aronofsky, però, è senza dubbio "Pi greco il teorema del delirio" (1997), opera prima delirante che prova a descrivere il genio di chi, tra calcoli e computer, riesce a superare le leggi naturali e umane e a spiegare ogni comportamento attraverso la matematica. Il potente bianco e nero, la pellicola da film indipendente e il montaggio caotico sono affiancati da un ritmo paranoico perfettamente in linea con l’evoluzione metafisica del protagonista e da una colonna sonora che annovera musicisti come Clint Mansell, Aphex Twin, GusGus e Massive Attack. Una parabola impegnativa ed esaltante che legge la meccanica dell’uomo e accelera un processo di catarsi mista a follia che affascina lo spettatore più scettico e manda il delirio chi del cinema di Aronofsky si innamora al primo sguardo.
Tra i progetti futuri ci sono il remake di "Robocop" e un kolossal sulla storia biblica dell’Arca di Noè.