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La mafia smitizzata, Cosa nostra riletta al rovescio rispetto alla consueta letteratura cinematografica alla 'Good Fellas'. Un mondo alternativo, parallelo allo Stato, nel quale a qualcuno capita di nascere e di crescere e dal quale si dissocia dopo che ne vive la brutalità fine a se stessa. E' questo che mette in evidenza il film di Andrea Porporati, "Il dolce e l'amaro", secondo italiano in concorso alla Mostra d'arte cinematografica di Venezia, dopo "Nessuna qualità agli eroi" di Paolo Franchi e in attesa della pellicola di Vincenzo Marra "L'Ora di punta".
Ma quello di Porporati, che del tema si è occupato già in passato sceneggiando alcune serie de 'La piovra', è prima ancora il racconto dell'evoluzione di un uomo, al centro della scena con il suo percorso interiore. Si tratta di Saro Scordia, interpretato da un convincente Luigi Lo Cascio, che guarda a Cosa Nostra come a qualcosa di importante, degna di rispetto e meritevole dell'aspirazione a farne parte. I primi passi della vita di Saro nel mondo criminale sono fatti di rapine, richieste di pizzo, donne e soldi, il tutto sotto l'egida del suo 'protettore', Gaetano Butera (Tony Gambino nel film). Il primo omicidio che Saro commette gli vale l'ingresso ufficiale, l'affiliazione alla mafia. Ma i conti [...] |