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Haneke, Lanthimos (medesima scuola greca), ma anche il Vinterberg di “Festen”. Una violenza di rado fisica (è forte, però, la scena in cui la piccola sorella schiaffeggia il fratello, con la camera che ruota). È una violenza tutta psicologica, così, quella di Avranas, che serpeggia tra i personaggi e investe inevitabilmente lo spettatore. Tra silenzi, allusioni, obbrobri. E un’inquietudine che fa male. Gran film.
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