Film sulla "quasi amicizia" tra un ricco bianco tetraplegico e un disoccupato di origine senegalese con precedenti penali, basato su una storia vera. Mi sarei aspettato uno scontro dialettico di due modi che, in questo caso, riescano a trovare una soluzione armonica. Niente. Tutto è edulcorato, mieloso e superficiale (ma vi pare possibile che una banda di malviventi lascia in pace il fratellastro dopo un colloquio sbrigativo del protagonista?…ma almeno passagli una mazzetta, per esempio) tutto sottolineato dalle tediose musiche di Einaudi. Esco dalla sala infastidito dalla carrellata di momenti perbenisti e faciloni che scatenano sentimenti di accettazione e partecipazione nel pubblico in sala (gli stessi che poi, nella vita quotidiana, hanno comportamenti razzisti, sono contro la liberalizzazione della marijuana, etichettano la gente in base al modo di apparire e al tipo di abbigliamento). E' un film volutamente disonesto e capzioso. Pornografia dei buoni sentimenti.

Questo regista è veramente una speranza per un futuro pieno di ottimo cinema.
Dopo aver amato "Shame", ero impaziente per la prima opera di Steve McQueen. Le aspettative sono state mantenute: una grande regia anche qui; interpretazione da parte di tutto il cast strepitosa; alcuni momenti veramente indimenticabili (sublime il dialogo di Bobby con il prete); nessuna lungaggine (96 minuti pregni di cinema). Come opera prima è eccezionale; (gli si concede che il film tende in alcuni brevi tratti a essere come fuori dal controllo del regista).

(segue) Il merito del lavoro di Vicari sta proprio nella sua appassionata ricostruzione degli accadimenti nella scuola Diaz e nella caserma di Genova Bolzaneto, nel supplire alle funzioni dei canali informativi di massa che hanno sottaciuto, edulcorato o minimizzato la "più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale" (Amnesty International). Probabilmente proprio questa accorata spinta documentaristica (carente di simbolismo e di un respiro universale) è colpevole della incapacità del film a trascendere dal piano prettamente divulgativo verso un'opera di valore atemporale.

C'è una forza uguale e contraria che unisce e al contempo respinge il film dallo spettatore. La sensazione durante la proiezione era simile a quella di un pianeta che ruota intorno alla sua stella: attratto ma sempre distanziato…per disgusto. Disilluso e consapevole della inettitudine e della decadenza morale dello Stato con i suoi apparati, gravido di segreti e principale colpevole di tante morti bianche, invano e senza risposte, sono passati quasi undici anni da quei giorni di abusi, torture e barbaria dell'uomo contro l'uomo. Impossibile distogliere lo sguardo dallo schermo; eppure minuto dopo minuto la nausea cresceva. (continua)