Come sempre c'è il tentativo frenetico di incentrare la pellicola su Robert Downey Junior e sul suo essere un figo. Ok, lo è, ed è bravo a farlo. Sta di fatto che non riesce a uscire dalla gabbia che ha costruito intorno a se in cui interpreta sempre lo stesso personaggio. Questo film poteva rappresentare una svolta interpretativa per RDJ, ma non è riuscito ad andare oltre al suo eterno stereotipo. Ed è un peccato perché la sceneggiatura è intrigante e l'interpretazione di Robert Duvall è magistrale. Se quest'ultimo avesse avuto accanto un attore capace di interpretare diversamente il ruolo dell'avvocato, questa pellicola sarebbe ben di più di ciò che è in realtà: un film normale.

Destinato ad essere eternamente sottovalutato perché l'intento è quello di emulare lo stile di un mostro sacro come Tarantino. Eppure il film è geniale. Le interpretazioni di Sam Rockwell e Christopher Walken sono straordinarie. La sceneggiatura per originalità e assurdità riesce ad avvicinarsi a Sua maestà Pulp Fiction; e il cocktail di risate, schizzi di sangue e lacrime fa entrare questo film di diritto tra le più belle sorprese dell'ultimo decennio. Rimarrà un piccolo capolavoro di nicchia, e riguardarlo farà sempre piacere.

Impietoso ritratto di un italia rovinata da una crisi dei valori che non riesce (ancora) a oscurare la bellezza artistico/storica del nostro paese. La fotografia di Sorrentino è per l'appunto agghiacciante: l'ambiente radical chic del film trova la sua rappresentazione chiave nella scena in cui Gambardella parla dei "trenini" delle feste paragonandoli alla condizione di quella società: una danza ridicola che non porta da nessuna parte.
Uno straordinario Servillo interpreta divinamente la parte di chi prende coscienza di tale decadenza e non trova la speranza di poter evadere da quella bassezza esistenziale. Oscar meritato, anche se le critiche sulla lentezza del film sono condivisibili, ma almeno per quanto mi riguarda, la pesantezza era pressoché assente.