Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Venezia 2007 05/09: Tim Burton, un Leone visionario

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a cura di Andrea Olivieri
Tim Burton: "Venezia meglio di un Oscar". L'applauso che ha accolto il Leone d'Oro alla carriera sembrava non finire mai. La commozione del maestro, nascosta dietro un paio di occhiali scuri, era evidente dall'espressione del viso e dalla sorpresa di tanto calore da parte della stampa. Venezia ha sempre avuto un grosso rispetto per il regista di Burbank, California. "Sono venuto qui molti anni fa per 'Nightmare Before Christmas' e in seguito per 'La sposa cadavere'" sono le sue parole. "Il fatto che siano entrambi stati accolti con tanto entusiasmo, al di là del business e del box office, è stata per me un'esperienza pura. La Mostra è il cinema. Questo premio significa molto per me, lo ritengo davvero speciale".
"Sono più vecchio i quanto non sembri!" - prosegue il regista - "Mi ritengo molto fortunato perché non sono mai stato classificato né come cineasta indipendente né come regista di studios. Per questo navigo in acque oscure il ché mi da molta libertà. Spero che questo premio sia per me un incentivo per rinvigorirmi e andare avanti. Mi sento molto vicino a tutti i miei film, anche se qualcuno ha avuto più successo di altri. Hanno tutti un posto speciale nel mio cuore. Ma se dovessi fare qualche titolo direi 'Ed Wood', 'Edward mani di forbice', 'Nightmare Before Christmas' e mi sto divertendo molto a girare 'Sweeney Todd'.
Il direttore della Mostra di Venezia, Marco Müller, ha dichiarato: "Tim Burton è un genio del cinema, il figlio più fantasioso della nuova età dell'arte. Possiede un talento unico nell'impregnare di profondità emotiva le storie che racconta. Sa costruire paesaggi onirici di altissima visionarietà senza mai perdere nè integrità estetica, nè - tanto meno - la sua naturale vicinanza a personaggi 'fuori norma'".
Attraverso i successi al botteghino e i risultati artistici, l’eccezionale lavoro di Burton è definito da un’impronta unica e personale, che fa di lui uno degli autentici visionari del cinema contemporaneo. "In realtà da bambino non ne leggevo di favole" - spiega Tim Burton -, "Ma in compenso vedevo film sui mostri. Tuttavia, mi è sempre piaciuto il simbolismo delle fiabe folcloristiche. Spesso utilizzo i simboli in maniera del tutto inconscia, come i puntini o le spirali. Hanno un significato interiore per me, ma non ho mai esaminato questo meccanismo in maniera intellettuale. La spirale ad esempio rappresenta qualcosa di ipnotico, una sorta di porta che apre la strada al mistero. Quanto alla tecnologia c'è già molto che si può fare, ma ho sempre cercato un approccio umano. Quando faccio un film amo stare con i miei collaboratori e attori sul set, tutti insieme. C'è molta armonia e questo fa sì che ci sia una spontaneità artistica".
Fa parlare più di sè che del suo film fuori concorso "Disengagement", il regista israeliano Amos Gitai. La sua ultima opera sullo smantellamento degli insediamenti israeliani nella Striscia di Gaza che lascia la politica e il bollente Medio Oriente sullo sfondo e mette in primo piano la fiction. Nonostante si tratti di finzione, per Gitai è un affresco più veritiero di quello che dà la tv che con i suoi potenti mezzi tiene continuamente l'obiettivo puntato su Israele e Palestina senza avvicinarsi mai alla verità. "I media fanno troppe semplificazioni e a causa loro il Medio Oriente è una caricatura, un covo di terroristi palestinesi inseguiti dall'esercito israeliano - ha detto Gitai alla stampa del Lido -. Ma meno male che c'è il cinema, spiega, che restituisce un quadro più veritiero della realtà".
Già in concorso al Festival nel '91 con "L'ultima tempesta", arriva uno tra gli autori più eccentrici e visionari della nostra contemporaneità: Peter Greenaway che proprio al Lido ebbe la prima consacrazione con "I misteri del giardino di Compton House". Il film, in concorso, si chiama "Nightwatching" e racconta la creazione del quadro 'Ronda di Notte' del fiammingo Rembrandt.