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Al Roberts, dal bancone di un bar, rievoca gli avvenimenti che gli hanno sconvolto la vita: dalla morte dell’uomo che gli stava dando un passaggio all’incontro con Vera, che lo ricatta minacciando di avvertire la polizia, alla sua accidentale uccisione. Travolto da questa incredibile catena di eventi, ad Al non resta che aspettare l’arresto, ultima beffa del destino. |
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“Presto ci sposeremo e saremo una squadra. Sì, ma di serie B.”
Le parole di Sue, la fidanzata di Al, diventano col tempo un manifesto (e una condanna) del film, considerato oggi il migliore tra i prodotti ‘di serie B’. Lo scetticismo sulla qualità della coppia lascia il campo all’assurdo gioco del destino che ne impedisce la formazione; Al si allontana da Sue quanto più le corre incontro.
Il regista si diverte a rovesciare i simboli classici del cinema a stelle e strisce, ad iniziare dal viaggio (verso Ovest, e come poteva essere altrimenti?) che da ricerca si trasforma in fuga: la deviazione non è da un percorso ad un altro, ma dal concetto di viaggio stesso, un movimento che diventa caduta. L’autostop, lungi da essere elemento risolutore, complica entrambe le volte la situazione, vanificando nel secondo caso gli sforzi di Al per ovviare al primo incidente.
Da questo momento non ci sarà più modo di opporsi al destino, che raggiunge il culmine del cinismo nella morte di Vera, una morte che risolve istantaneamente il più grande problema di Al scaraventandogliene addosso uno nuovo, ancora più grande.
Impotente di fronte alla donna (“l’animale più pericoloso del mondo”), alle prese con l’accanimento del destino Al non prova né a contrastarlo né, sfinito, ad invocare pietà: i concetti di bene e male, giusto e sbagliato soccombono al cospetto dell’incombente, dell’inevitabile. |