"Teen Horror."
Sangue, paure e tremori molto convenzionali, una sceneggiatura serenamente indifferente verso alcuni elementi comprimari e che diventa anche estremamente pretenziosa quando finisce per scomodare illustri atmosfere hitchcockiane ("Gli uccelli"): la trama di "The Breed" si sviluppa sfruttando il rapporto speculare tra realtà e sovrannaturale; il cadavere di una donna, un’isola deserta popolata da strane creature. L’eterna lotta tra il Bene e il Male, naturalmente.
Ferite vere e proprie nella carne della rappresentazione: nonostante i ricercati punti di vista delle inquadrature ed una macchina da presa di spigliato intrattenimento, il difetto principale di questo horror-splatter è l'anonimato. Si adatta ad un genere, 'b-movie', ma si limita a cavalcarne i clichè riciclando con poca inventiva, smontando e rimontando gli ingranaggi dell’horror tradizionale, accumulando 'inquadrature-ricordo' nell’occhio dei codici tematici e visivi del genere.
Non i corpi, dunque, ma le forme (la 'mutazione' trasforma il cinema in un essere realmente mostruoso), plasmate da immagini già viste, già percepite, che Nick Mastandrea (alla sua prima regia) elabora e monta insieme in un film che ne rievoca tanti altri senza rivederne nessuno, riproducendo implacabilmente gli stessi plot narrativi fatti di citazioni più o meno riconoscibili e di costruzioni banalmente 'abissali'.
Procedimento a specchio, ad incastro, a spirale: nel quale il cinema si innesta in una produzione che cerca di imporsi piuttosto maldestramente in virtù di una qualche forma di 'alterità' (l'essenza stessa), se non nello sguardo quantomeno nel racconto. Inutile sottolineare come tutte queste nobili verità siano destinate a sgonfiarsi sensibilmente prima di metà film. Una pellicola, perciò, che ci obbliga alla superficie formale, per 'testare' la tenuta etica del proprio cinema e per dire, soprattutto, qualcosa di non banale sulle dinamiche e gli effetti della paura e dell’inquietudine: ma di questa poetica-cultura dell’horror, "The Breed", di fatto, non fa parte. E il risultato è davvero sconfortante. |