L’anima (disincantata) di un uomo. Smarrire la conoscenza di se stesso: una scelta morale relativamente libera. La fragilità del desiderio coraggiosamente simbolico diventa allora uno spaccato interpretabile (generoso di autocelebrazione), corretto dall’humour corrosivo e delirante di un felice 'naufragio' contestuale: la contraddizione del sentimento umano quando è confrontato all'ambiente che lo circonda. Vertigine del malessere esistenziale, la progressione drammatica del racconto (crimini invisibili) sottolinea perciò il raggiungimento di quel 'modernismo tormentato' che, grazie ad un contatto inedito e autentico con la realtà non è mai arido e schematico: ma raggiunge al contrario quella carica 'affettiva' che lo rende itinerario poetico, estetico, che sposa quello mentale del protagonista. Anche i sogni vengono risucchiati. Con quelle conseguenze di dipendenza vitale dall’analisi di uno sguardo riciclato dall'autopsia del potere, fino all'estremo più intimo di ogni individuo; scavare in quei fotogrammi improvvisamente emotivi alla ricerca di nuovi stimoli d'ispirazione: è proprio qui, con le immagini video 'avvelenate' - pur sempre da 'giocattolo', che il film si fa, più di qualche istante, riuscito. E lascia intravedere qualche sorta di genuina meditazione marginale: i meriti di quella fatica, di quella riflessione creativa, di quella felicità di filmare con originale equilibrio 'instabile' ed obliquo nella densità delle atmosfere, dei colori e dei suoni, conferiscono al film una vitalità, una presenza intelligente che realizza quasi inaspettatamente le sue aspirazioni. |