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In quanto possibile strumento di comunicazione intenzionale fra un emittente e un ricevente, il cinema si può considerare un linguaggio. Ma, se è così, com’è possibile comprendere questo linguaggio? E’ forse necessario postulare l’esistenza di un lingua del cinema: cioè di un sistema di segni, basato su convenzioni e articolato per mezzo di una grammatica? Scartata come semplicistica l’idea che un film si possa capire solo in quanto duplicazione di una preesistente messa in scena, innumerevoli teorizzazioni hanno supposto che una lingua del cinema dovesse esistere, cercandone la struttura morfologica e sintattica.
La tesi sostenuta in questo libro è invece che il cinema narrativo, per essere comprensibile, non abbia bisogno né di una semantica, né di una sintassi, ma solo di una pragmatica.
Una teoria pragmatica sufficientemente potente da specificare anche le regole che presiedono all’intepretazione di un racconto filmico fu elaborata - come è mostrato in questo volume - dal filosofo inglese Paul Grice in un importante articolo dal titolo “Logic and conversation”. |
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