Un terrorista esce dal carcere dopo 22 anni: la sua vita dovrebbe ricominciare più o meno da zero, in un appartamento nuovo, unico contatto col mondo (e col passato) il suo avvocato. Bernd Widmer sa di non essersi lasciato tutto alle spalle, ma ancora non sa quanta parte del suo passato si ripresenterà.
Valerie Matos, un’intrigante Franziska Petri che apre il film nuda, col suo corpo e una sigaretta, è una vicina di casa invadente e ambigua: è importante nell’economia della pellicola che la vera natura del rapporto tra vittima e carnefice non si manifesti all’ultimo, ma relativamente presto nel corso della storia. Non è solo questo rapporto al centro della pellicola, ma è l’ombra che entrambi hanno proiettato sulle persone a loro vicine, in particolare sui loro figli, frutto delle azioni dell’uno e dei traumi dell’altra.
L’azione ha un ritmo sorprendentemente sostenuto per quello che a tutti gli effetti, pur nella sua ora e mezza esatta di durata, è un film lento, determinato da un’atmosfera pesante frutto tanto del non-detto tra i personaggi quanto della fotografia grigia, che nei primi minuti lascia quasi l’impressione di un bianco e nero appena sporcato.
L’insieme regge, ma manca di spessore: è un passo indietro nel cinema tedesco che a cavallo del nuovo millennio ha goduto di una ventata di novità che si è presto rivelata un movimento; “Schattenwelt” sembra appartenere invece ai film degli anni ’80, per non dire ai telefilm quali “L’ispettore Derrick”. Sarà difficile che trovi una distribuzione in Italia.
In concorso, nella sezione Cinema 2008, alla terza edizione del Festival di Roma. |