La difficoltà, per Hollywood, di innovare dall’interno i generi cinematografici usandoli in chiave strumentale rispetto all’obiettivo primario che l’arte filmica dovrebbe porsi, ossia l’originalità creativa, è evidente in questo film thriller/d’azione lento, prevedibile e pervaso da un fastidioso senso di déjà-vu. Nel caso specifico siamo di fronte allo schema del padre di famiglia che per salvare i propri cari in pericolo è costretto a cedere al ricatto del cattivo, il padre di famiglia essendo un invecchiato Harrison Ford (che però, accenniamolo di passaggio, ha girato tutte le scene d’azione senza controfigura, dimostrando di avere ancora il physique du role per personaggi del genere), alias Jack Stanfield, con moglie, figlio, figlia e (uff!) cane a carico, costretto a violare la sicurezza della banca presso cui lavora per trasferire i fondi in essa conservati nei conti alle isole Cayman del superladro di turno (e qui il pubblico italiano avrà la prima impressione di aver già visto e sentito la vicenda, anche se non in ambito cinematografico). La novità sta solo nel modo in cui questi soldi vengono rubati: cambiano i tempi e le tecnologie, per cui alla mascherina nera e al sacco di tela si sostituiscono codici binari, terminali informatici e i-pod. Per il resto, tutto vecchio: il rapitore dal cuore tenero angosciato dai rimorsi di coscienza, quello spietato-che-però-ride-davanti-ai-Flinstones col piccolo Andy, la segretaria zitella e “sfigata” di Jack che saprà alla fine rivelarsi aiuto prezioso, eccetera eccetera. In tale mare magnum si perdono alcuni spunti della sceneggiatura che si sarebbero potuti sfruttare meglio (per esempio il modo ingegnoso con cui Paul Bettany, alias Bill, cerca di incastrare Jack) e pure le capacità recitative di discreta parte del cast (almeno Ford, Bettany e Virginia Madsen). La regia di Richard Loncraine, a quanto pare un regista di lungo corso, è sostanzialmente anonima e non spicca mai il volo. Il momento teoricamente più drammatico del film, cioè l’irruzione nella casa e il sequestro della famiglia, è incomprensibilmente attenuato da un montaggio che la alterna alle immagini della cena di lavoro di Jack, annacquando inevitabilmente la tensione che si vorrebbe creare; il finale è un happy end più tiepido del solito. Negli anni delle telecamere piazzate ovunque, i rapitori, che sono ben cinque, non sanno far meglio che usare un circuito video per tenere sott’occhio le quattro stanze della villa degli Stanfield; che sia una sciocchezza lo sa anche lo sceneggiatore, visto che a metà del film i protagonisti riescono quasi a liberarsi. Molti, nella sala, lo hanno sperato. |
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