Per l'intera prima parte la sensazione è che questo terzo remake, del classico 1956 "L'invasione degli Ultracorpi" firmato Don Siegel, possa essere il migliore; lo sviluppo narrativo è credibile, il cast avvince, i tempi sono tesi e coinvolti. Poi però lentamente si scivola, si cade nel sensato e stranamente aumenta la confusione, il film sconta una trama nota e delude nell'epilogo, troppo semplicistico affidare al buon vecchio antidoto ogni catarsi finale.
Ambientato a Washington costruisce la sua sottotrama psicologica ed etica sulla paranoia, sull'incertezza dell'altro, sulla paura del nuovo e dell'incontro. Un virus alieno cambia l'essere umano, annulla i sentimenti sostituendoli con una tranquillità quasi invidiabile e mostra un mondo improvvisamente sereno anche se questa possibilità viene offerta da una terribile epidemia al limite tra scienza e fantascienza. Scorrono immagini di pace impensabili, Bush abbraccia i soldati che tornano via dall'Iraq e addirittura Chavez. C'immaginiamo di vedere imminenti catastrofi e invece scopriamo che il virus aiuta l'uomo a superare i suoi odierni deliri, il suo desiderio di male ma logico paradosso anche qualsiasi forma di sentimento attivo.
Oliver Hirschbiegel dirige senza un'impronta precisa, ma azzecca tutti i tempi cinematografici; il film offre sottili ironie e spesso beffa lo spettatore, resta sempre godibile anche nelle complesse scene d'azione, molte girate da James McTeigue regista di "V per Vendetta".
Nicole Kidman, glaciale e magnetica come sempre, cattura nel suo sguardo il centro degli avvenimenti, interpreta e seduce, svelando il suo intero repertorio.
Daniel Craig accompagna anche se completamente fuori ruolo, diventa però insuperabile quando attorno a lui si accende l'azione, dove ritrova scatti e sguardi da novello James Bond.
Non male dunque ma neanche benissimo, sospeso nell'atarassia forse proprio come il virus che lo ha generato, confuso ma anche dinamico. |