|
|
La frontiera con l’ovest si sta spostando; la ferrovia sta per collegare l’Atlantico al Pacifico, cancellando ciò che rimane del vecchio Far West. Intorno ai binari che avanzano, s’incrociano le strade di cinque personaggi: Frank, Armonica e Cheyenne li conosciamo, sono gli ultimi eredi di un mondo che va scomparendo; Morton, uomo d’affari, è il progresso; tutti quanti si muovono intorno a Jill, proprietaria di un terreno che vale milioni di dollari. Ognuno è alle prese con i propri problemi personali, ognuno dovrà fare i conti con la storia; come i tre pistoleri, anche Morton esce sconfitto dal confronto: lui, simbolo del progresso che ha la meglio sull’uomo, del denaro che risolve i problemi; la sua malattia è avanzata più velocemente della ferrovia. L’unica a rimanere in piedi è Jill, e se non cade è solo perché al West non appartiene, e può sopravvivergli. |
|
|
|
Se ne Il buono, il brutto, il cattivo la storia fa la sua prima comparsa, destabilizzando gli equilibri del western tradizionale, qui prende il sopravvento: determina le azioni dei personaggi alle prese con una nuova realtà, mettendo in risalto l’inutilità delle tradizioni del filone classico, mentre a chiudere il tutto, sullo sfondo del treno che si spinge sempre più ad ovest, è proprio un vecchio regolamento di conti. Uccidere o morire non cambia il destino né di Frank né di Armonica: l’epopea dei grandi uomini volge al tramonto, ed è una donna il simbolo della nuova epoca (“una gran donna”, la definiscono sia Cheyenne che Armonica, quasi a legittimare la loro uscita di scena).
Nulla sarà più come prima: il messaggio dell’ultimo western di Leone è chiaro fin dall’entrata in scena dei personaggi. Colpisce riconoscere nell’uomo che uccide a sangue freddo un bambino Henry Fonda, l’eroe positivo di numerosi film; non meno particolare è l’ingresso di Armonica, tanto veloce nell’uccidere i tre uomini che lo aspettavano alla stazione quanto lento era stato Leone nel presentarceli accuratamente.
Paradossalmente, questi uomini delegittimati dalla circostanza incarnano gli archetipi del personaggio classico del western; ma, mentre il cattivo è facilmente identificabile, Armonica è un buono quasi casuale: il suo scopo è vendicarsi di Frank, tutte le sue azioni, compreso l’aiutare Jill, tendono al duello finale. Cheyenne richiama il Tuco del film precedente soltanto all’inizio, rivelandosi poi di ben altro spessore: è dalla parte di Jill pur sapendo di non poter rimanere con lei, da quella di Armonica sapendo che le loro strade si divideranno una volta sistemati i conti con Frank. È l’unico personaggio che non persegue un obiettivo personale, riuscendo a capire realmente quello che accade attorno a lui; sa già di far parte d’una “razza vecchia”, e che il futuro non riguarderà nessuno di loro tre. Jill è la novità: una donna alla conquista del West. Non è così, non inganni il suo ruolo di protagonista, perché è semplice spettatrice di un’era che si chiude, e prende coscienza del suo nuovo ruolo solo dopo l’uscita di scena degli altri, dopo che la ferrovia è arrivata a cambiare un mondo che non poteva essere il suo.
La rappresentazione dei personaggi non è lasciata solo alle loro azioni o alle loro parole, ma ad ognuno corrisponde un tema musicale: la collaborazione con Ennio Morricone raggiunge (momentaneamente) il livello più alto. Il motivo che accompagna ogni personaggio è studiato per spiegare, con la musica, le sue caratteristiche, ed è sintomatico che i titoli di coda siano accompagnati dal tema di Cheyenne, la coscienza del tramonto. Con un’eccezione, ancor più significativa: Armonica e Frank hanno due arrangiamenti dello stesso motivo, a rafforzare il parallelo tra i due avversari ‘alla vecchia maniera’, e per questo rappresentanti della stessa tipologia d’uomo. Il loro duello finale è il più lungo della carriera del regista romano, nell’alternanza tra campo lungo e inquadratura dei loro occhi s’inseriscono, a un certo punto, i ricordi di Armonica, che spiegano al pubblico, prima ancora che a Frank, le radici di quel duello.
Una preparazione ancor più lunga ha lo scontro alla stazione, degnamente celebrato: l’attesa del treno non è accompagnata dalla musica, ma da rumori naturali che, nella loro periodicità, danno luogo ad una sinfonia interrotta dal suono dell’armonica, da un breve, ma esemplare dialogo (come del resto tutti quelli del film), quindi dagli spari, al termine dei quali riprende il suo corso.
Tra le molte scene madre ve n’è una alla quale, probabilmente, Leone pensava da due anni, e non per questo film: Jill, dopo aver rovistato in ogni angolo della casa, si stende sul letto, supina; la macchina, dalla sua figura, sale, scavalca il baldacchino e, col telo semi-trasparente di mezzo, torna sul suo volto, sul suo sguardo fisso, proiettato al di là della cinepresa, al di fuori del film. Le manca solo un sorriso… |