“Ho tutto qua dentro…nella mia testa”
James Ivory non ha perso l’eleganza di “Quel che resta del giorno” anzi sembra ormai cristallizzata; il suo cinema, diventato nel tempo un percorso raffinato, raro e potente, costruisce tragedie inebriate di delicatezza e passione, coinvolgenti e classiche. L’essenza di Ivory sta proprio nella perfezione che un’immagine può imprimere e nella convinzione che proprio la bellezza sia la forza necessaria, forse l’unica, capace di sostenere ogni suo protagonista.
Il direttore della fotografia Christopher Doyle è lo stesso di Wong Kar-wai, e si vede. Le immagini hanno spesso un filtro chiaroscuro, si muovono veloci in una struttura lenta. La delirante Shanghai degli anni ’30, unica città in grado di esprimere contemporanemante fascino e malinconia, accoglie soffice il percorso tragico e romantico, simile ai grandi romanzi russi dell’Ottocento, di un’eroina disperata e un’eroe triste e disilluso. Lui è un ex-diplomatico cieco ma riesce a vedere un mondo perfetto, ad immaginare una vita diversa, ad assaporare la bellezza e rinchiuderla dentro un pensiero asfissiante. Lei è una contessa russa in esilio, cresciuta nello sfarzo aristocratico prima di cadere in rovina. La sua umiltà e il suo orgoglio ci avvolgono, assaporiamo continuamente la sua anima nobile.
Il loro incontro svela le loro vite, avvolte dal caos, dal passato, nella tragedia che continuamente invade il loro destino. Insieme troveranno la speranza, il profondo significato della vita anche quando tremenda e furiosa.
Insegnandoci che forse questo mondo, asfaltato dai rumori, sta realmente perdendo il suono della bellezza e la sua comprensione. |