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Il senatore Ramson Stoddard fa ritorno insieme alla moglie Hallie nel paesino di Shinbone, per il funerale di Tom Doniphon. Su richiesta della stampa locale, Ramson rievoca il suo arrivo a Shinbone, la sua ‘rivoluzione’ fatta di leggi, scuole e diritti, fino al suo scontro a fuoco col bandito Liberty Valance. La versione di Ramson giusto nel finale si distacca da quella nota a tutti... |
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Realtà e leggenda: ogni aspetto di questo film crepuscolare di John Ford è ancorato ad una realtà che si specchia continuamente nella (propria) leggenda. E’ il West che se ne va, col suo deserto trasformato in un giardino, mito di frontiera che la ferrovia ha dapprima avvicinato, quindi stravolto.
Sono le sue leggi non scritte, la sua autosufficienza a dispetto della debolezza delle istituzioni.
Sono, soprattutto, gli uomini. Uomini silenziosi, pratici, lentamente superati nel loro mondo cristallizzato da chi arriva dalle città sull’Atlantico. Nel rapporto tra silenzio e parola si consuma il primo trapasso della leggenda nella storia: è Ramson a raccontare, la sua predisposizione è quella dell’uomo politico loquace, avvezzo ad essere ascoltato. Nella stanza accanto, i superstiti di quel mondo perduto partecipano al funerale di Tom e di tutto il West; tra loro non scorrono torrenziali le parole, ma sguardi profondi, pochi monosillabi, una pudica stretta di mano.
La nuova realtà porta con sé nuovi personaggi: Ramson non è un pistolero ma un giurista, agli occhi dei cowboys è un pivello, un damerino. A Shinbone fa lo sguattero, e nel duello con Liberty Valance indossa un grembiule da cucina; questo è il ritratto dell’uomo che esce vincitore dal confronto di due epoche che non si integrano, ma si combattono fino alla scomparsa della più vecchia. Accanto a lui, separato da una spessa barriera di incomunicabilità, c’è Tom, rappresentante ideale degli eroi fordiani, una copia dell’Ethan di Sentieri selvaggi se non fosse per il finale: l’eroe solitario ha un guizzo fuori dagli schemi, si ribella alla fine del proprio mondo; non l’accetta con lucida desolazione, ma si ubriaca concedendosi un’uscita di scena plateale.
Ethan è leggenda, Tom non riesce ad esserlo fino all’ultimo, quando subentra la realtà. Questo costa a Tom la cancellazione dal mito del Far West, che vuole gli eroi tali fino in fondo; una pretesa che mette l’uomo al di sotto dell’immaginario collettivo, contribuendo a rendere la deriva di una epopea un tempo viva non una trasformazione, ma una morte.
Stilisticamente L’uomo che uccise Liberty Valance è irreprensibile, come più o meno tutte le opere fordiane. L’intreccio non è da meno: l’azione principale è interamente raccontata da uno dei protagonisti, ma il finale ‘vero’, quello da storia e non da leggenda, si incastra come un flashback nel flashback, ed è raccontato questa volta dall’altro protagonista.
Accanto a questi due uomini così diversi (esattamente come gli attori che li impersonano, dall’habitué del genere e attore preferito di Ford John Wayne all’atipico James Stewart), Hallie ha un tocco di realismo interessante nel suo analfabetismo; il resto, dalla macchietta Peabody alla cricca di Valance, si inserisce perfettamente nel solco della tradizione. Della leggenda. |
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