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Il premio Oscar Sean Penn dirige l'adattamento cinematografico del best-seller di Jon Krakauer. Sullo sfondo dell'America dei grandi spazi, dall'Arizona al Pacifico, dal Gran Canyon all'Alaska, la storia di un giovane anticonformista che sceglie di vivere un'esistenza on the road alla ricerca dell'estremo contatto con la natura e con il proprio io. |
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Sei anni dopo “La promessa”, Sean Penn torna a dirigere scrivendo personalmente la sceneggiatura tratta dal romanzo di Jon Krakauer “Nelle terre estreme”.
Ispirato alla vera storia del giovane Christopher McCandless, una sorta di moderno laico San Francesco, racconta il suo viaggio attraverso l’America durato due anni, fino a perdersi dentro la natura più selvaggia, negli orizzonti sbiaditi dell’Alaska, ai contorni dell’esistenza umana.
Il film è perfetto. Sublime nell’accostare pensieri a immagini, simbolico e potente in ogni inquadratura. Sean usa sapientemente stili di regia, risultando immenso nel coniugare la potenza visiva del ”U-Turn” di Oliver Stone e la filosofia naturalistica, tragica e profetica della “Sottile Linea Rossa” di Terrence Malick. Fonde perfettamente gli elementi e dall’esterno agisce soggettivamente, analizza ogni passo, ispirazione del protagonista, delirio, ogni intuizione. Trova in questo ragazzo uno sfogo alla sua perenne malinconia, sente la storia sulla pelle, percorre il suo viaggio, desidera la stessa libertà che ha spinto Chris alla rinuncia della Società, corrotta già solo perché esistente, già dalla famiglia che rappresenta una sorta di prima forma di Stato, dove la verità viene oscurata dall’apparenza fino a diventare freddezza.
Penn dichiara che un tentativo di fuga dovrebbe esser concesso a tutti, si commuove completamente, produce da solo il film e lo segue come un figlio. S’innamora della regia, non sbaglia nulla, chiede ad Eddie Vedder di scrivere la colonna sonora. Per un film che ha nel viaggio il suo epicentro, nessuna musica risulterà migliore di quella che la voce dei Pearl Jam compone. Non solo canta ma interpreta ma come ogni singola parte di questo film; è una presenza fondamentale e un punto di vista. I testi cantati diventano sceneggiatura, la sceneggiatura musica e le immagini scorrono come poesie.
Chris intanto continua il suo viaggio, accompagnato dalla straordinaria interpretazione del già bravissimo Emile Hirsch. Fugge da uno stato esistenziale per trovare altro. Solo intuire la possibilità di fuggire ed essere libero non gli basta; lui ha bisogno di essere radicale, di attraversare il fiume a piedi, di bruciare i soldi, di non aver radici nell’anima se non quelle che servono per guardare. Nel viaggio incontra persone e stati esistenziali, per lui il tempo scorre più in fretta. Vede e impara, raccoglie, elimina tutto ciò che è indotto e diventa pura natura. Scuoia un alce per mangiare, nuota avendo paura dell’acqua, cambia il suo nome in Alex SuperTramp (superviandante) per convincersi a perdersi nel mondo incontaminato.
La mia nascita, L’adolescenza, L’età adulta, La famiglia, La conquista della saggezza. Cinque fasi distinte che Penn sottolinea incidendo sul video e Chris/Alex scopre durante i suoi viaggi dove incontra, impara, ricorda e ricostruisce il passato per tentare di migliorare il futuro.
Attraversata l’America, affrontati i pericoli, conosciute porzioni di mondo, scuoiata l'alce e dialogato dall’interno con i massimi sistemi della natura a Chris/Supertramp non rimane che un impossibile ritorno. Troppo all'interno dell’incontaminato, resterà annientato da quella stessa Selvaggia Natura, prima madre gentile...dopo preda gelosa.
Di quel viaggio restano simboli, inquietudine, profondità e questo straordinario omaggio di uno Sean Penn, lucido e sconvolgente.
Accolto con l’applauso più fragoroso di tutta la Festa del Cinema di Roma 2007. |
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Commenti del pubblico |
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