se togli la morale e la punizione, tutto diventa fattibile...
Quindici persone, in una notte qualsiasi del 1982, in un posto qualsiasi d'Italia. Hotel Belle Vue, le loro vite s'intrecciano per qualche ora, forse solo per qualche secondo, separate da una porta, da una parete troppo sottile, da un piano di scale.
Un'unica storia (compiuta) si compone di brevi spezzoni di storie più piccole, tre ragazzi che si sono persi nella notte sulle note di un notturno di Chopin (a questo proposito va segnalato l'inizio, suggestivo e di ampio respiro nonostante il luogo chiuso e affollato – la macchina – e la voce fuori campo), il portiere di notte, una mini-troupe che sta girando un film porno, una coppia in crisi e una che fa faville, e via dicendo, fino a comporre questo puzzle la cui cornice è l'Hotel. Più che vivere sembrano sopravvivere, passare il tempo nell'attesa che la notte – o l'albergo – si sciolga intorno a loro. Formiche nei meandri del Belle Vue. Anzi, termiti. Termiti che trovano nelle televisioni sempre accese invece che una finestra uno specchio che le inchioda a quell'angolo di mondo, incapaci di liberarsene senza distruggere.
“Aspettando il sole”, primo lungometraggio di Ago Panini, è un'opera che si pone nei confronti del cinema con rispetto (niente movimenti di macchina improbabili, scavalcamenti o recitazioni forzate) a cui si affianca un desiderio di novità: le scelte non banali sono tante, non tutte riuscite ma è l'intento che va apprezzato, tenendo presente che il risultato è spesso felice.
A questa linea stilistica si abbina una scrittura dal buon ritmo, con una caratterizzazione dei personaggi semplice e aderente alla realtà, una realtà più da provincia di oggi che da Italia dei primi anni '80, il cui contrasto con il contesto è il primo elemento di rottura nei confronti degli schemi mentali dello spettatore.
In un cast di volti noti, tutti quanti passati dalla televisione, nessuno spicca ma allo stesso modo nessuno disturba; riescono tutti a calarsi in una parte a metà strada tra personaggio e macchietta, con Claudio Santamaria e Giuseppe Cederna ai due poli opposti di questa scala.
Racconta, non giudica, diverte.
Presentato alla terza edizione del Festival di Roma. |