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La storia delle Dreamettes, un promettente trio di cantanti nere il cui talento viene scoperto da un ambiguo manager che offre loro la possibilità di diventare le coriste di un celebre cantante. Nonostante la popolarità acquisita però, le ragazze si renderanno conto che il successo ha un prezzo più alto di quanto avevano immaginato. |
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Musical, non musical, film musicale, musical moderno: “Dreamgirls” evita ogni etichetta perché non rientra in alcun canone. Da Broadway al grande schermo, ormai il passo è sempre quello: il musical e il cinema non hanno più una radice comune, ma s’incontrano in nome del business.
Questa volta, però, l’operazione risulta superficiale, studiata per il pubblico ma priva di sostanza. Per un’ora assistiamo ad un film su un gruppo musicale, che ha il merito di entrare subito nel vivo: le esecuzioni si susseguono a ritmo sempre più serrato, finché la trama non sbiadisce in una collezione di brevi raccordi tra una canzone e l’altra. Nel frattempo, il film è finalmente diventato un musical: la prima sequenza ‘canonica’ (dove cantano invece di parlare, se non fosse chiaro) è forse un po’ troppo caricata, ma è vissuta come una liberazione per lo spettatore che, improvvisamente, torna a sperare di trovare una risposta ai suoi ‘perché?’.
Alcune sequenze musicali sono però troppo lunghe, in particolare quella in cui Effie viene cacciata dal gruppo e che, anche se interpretata splendidamente, non è nemmeno una bella canzone.
Ma ormai la struttura del film è chiara: una canzone tira l’altra, in attesa di un finale che arriva troppo tardi, nonostante un inizio-sprint che poteva preludere ad un’opera di dimensioni, una volta tante, non eccessive. Niente da fare, come già altre volte Bill Condon preferisce sprecare chilometri di pellicola prima di mettere la parola fine.
In questo modo ci regala un ritorno trionfale di Effie, nell’ottima interpretazione di Jennifer Hudson, e il declino morale di un Jamie Foxx bravo a non sconvolgere un personaggio i cui difetti si intuivano fin dall’inizio; ma ci regala anche minuti su minuti sempre più da protagonista per Beyoncé Knowles, passata in dieci anni dal palco delle “Destiny’s Child” al palcoscenico delle “Dreamettes”: il suo personaggio è privo di ogni spessore ed il tempo a lei dedicato e sproporzionato al punto da immaginare una semplificazione del suo ruolo perché fosse in grado di interpretarlo, ma al tempo stesso la scelta di tenerla in scena il più a lungo possibile per necessità di produzione.
Il finale è un crescendo di colpi di scena annunciati, con l’uscita di scena di un Eddie Murphy inaspettatamente credibile in un ruolo drammatico e la sconfitta del ‘cattivo’ con riabilitazione di tutti i personaggi ambigui, una conclusione buonista al punto tale da meritarsi la pole position nella corsa agli Oscar. A furia di sentire canzoni, si riesce a comprendere pienamente la struttura del film: un inizio intrigante, avvolgente, un finale che riempie gli occhi (e le orecchie), tutto il resto è un riempitivo tra i due momenti clou. Un ritornello d’una monotonia pazzesca. |
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Commenti del pubblico |
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