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Dieci scene della vita sentimentale e affettiva di sei donne e le sfide che incontrano in un momento particolare della loro vita. Ma potrebbero anche essere dieci differenti scene della vita di una sola donna. |
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"Dieci" è un ritratto sulla figura femminile in Iran, un ritratto "on the road" come lo era "Il sapore della ciliegia".
Sono stati d'animo differenti e punti di vista che si sommano: Kiarostami dopo anni di silenzi, consegna un microfono a sei donne nella Theran contemporanea per fare ascoltare la loro voce. Sei donne nella lenta ricerca delle libertà ed in fuga dall'autorità maschile.
Il film è sincero, diretto, senza mediazioni: l'unica presenza maschile, quella del bambino, esprime soltanto l'ingenuo egoismo di un bimbo e non la triste realtà.
"Dieci" è un'unica inquadratura fissa in cui il regista annota la verità di donne liberate che non hanno più bisogno del chador, ma soltanto di essere comprese dopo essere state dimenticate nell'isolamento della Storia.
Il maestro iraniano continua ad abbinare forti contenuti politici con uno stile volutamente povero ed essenziale, che ha come scopo principale quello di eliminare tutte le convenzioni del cinema tradizionale.
Il film è interamente chiuso e concentrato all'interno di un'automobile, mentre il regista, che ha lavorato con una telecamera digitale portatile, si limita a concentrarsi sui volti della guidatrice protagonista e dei diversi passeggeri che si susseguono, registrando i loro dialoghi.
L'unico suono esterno del "reportage sperimentale" è quello della città, perché tutto resta confinato nell'isolamento dell'automobile.
Mentre gli uomini adulti sono esclusi dalla storia,il bambino della guidatrice, protagonista degli episodi più interessanti,finisce per rappresentare l'emblema del film-denuncia; tra esercizio di stile e contraffazione della messa in scena, l'intera pellicola è un'amara riflessione sugli scarsi diritti civili riservati ancor oggi alle donne.
Se gli intenti e il coraggio culturale di Kiarostami sono evidenti, purtroppo il suo esercizio di staticità dell'immagine fuori dal contesto socio-politico, ci mostra un film che si snoda seguendo un ritmo non proprio avvincente, con dei dialoghi che a volte sembrano forzati, inutili. Lì dove sarebbe bastato uno sguardo o un gesto, vi sono inconcludenti discorsi e riflessioni che vanno al di fuori di ogni ideale, facendo di "Dieci" una pellicola in cui il viaggio è solo il pretesto per "piccoli ritratti".
Kiarostami torna a provocare le nostre sensazioni; probabilmente ci aspettavamo qualcosa di più da un regista che aveva fatto del suo "sguardo" un'inconfondibile libertà sul cinema, ma "Ten" resta comunque una pellicola interessante.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2002. |
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