Kitano riempie il cuore di sensazioni forti, fa riflettere a lungo, proprio perchè non è ciò che ci mostra nei suoi film, non sono le immagini a consegnarci il messaggio: tutto ciò che vediamo nel "Silenzio sul mare" non è che un quadro appena accennato, uno schizzo abbozzato rapidamente, sapientemente.
Il film racconta di un giovane spazzino sordomuto che desidera ardentemente imparare a fare surf; ma invece di mostrarci onde enormi ed evoluzioni strabilianti, cadute e voli mozzafiato, Kitano ci mostra un'esile, dolcissima ragazza, che aspetta il proprio fidanzato sulla spiaggia e lo osserva mentre si allena.
E così, con il suo pudore nel mostrare i sentimenti, le emozioni, Kitano infonde nello spettatore il rispetto necessario ad approcciare una realtà così complessa, difficile e dolorosa.
In quest'ottica, in questo modo scarno di narrare, di comunicare, ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola riacquista significato e valore.
Una tavola da surf mossa dalle onde racconta la morte ed il suicidio, lo sguardo di una ragazza racconta l'indicibile sofferenza di un amore profondo e sincero.
Nel suo terzo film Kitano si concentra proprio sull'amore, con la storia di una coppia di sordomuti che decide "semplicemente" di percorrere insieme un tratto di vita.
La natura e i personaggi si riuniscono in un unico corpo "inorganico", le emozioni divampano nel silenzio, sbirciate in movimenti laterali.
"Il Silenzio sul Mare" è un racconto lirico e coinvolgente, una divagazione sul tempo e sul suo divenire, sulla trasparenza dei sentimenti e la tragicità dell'esistenza umana. |
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