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Bernard Berkman era destinato ad un brillante futuro di scrittore, ma per mandare avanti la famiglia ha dovuto ripiegare sull'insegnamento. Quando sua moglie Joan scopre di avere lei stessa un grande talento come scrittrice, la coppia entra in crisi e il divorzio appare l'unica soluzione possibile ai loro problemi. A farne le spese saranno i figli Walt e Frank che usciranno da questa esperienza traumatizzati e disillusi nei confronti del matrimonio... |
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Si svolge a Slope Heights, Brooklin, nel 1986, ma potrebbe essere un luogo qualsiasi, di un qualsiasi anno. “Il calamaro e la balena” è la storia, che si ripete sempre, della fine di un amore; la storia del rapporto tra un uomo e una donna che diventa storia del conflitto tra un uomo e una donna. Bernard (Jeff Daniels), l’uomo di lettere, il professore universitario, e Joan (Laura Linney), la sua compagna, scrittrice per caso, ma di talento. Uniti dalla stessa ricerca, la bella parola, ma incapaci di farla insieme. E lo scontro, dopo i primi passi silenziosi, cresce, cresce e diventa quasi epico, quasi un duello western. La sua cifra si imprime ovunque: le relazioni extraconiugali, le serate con i figli (“la mia serata”), la casa (“la nostra casa”), i libri (“i miei libri”), le partite di tennis. Nonostante il regista non abbia voluto girare un film drammatico, i due protagonisti assumono una grandezza quasi tragica, occupano lo schermo, letteralmente lo invadono con i loro volti e corpi. Si scontrano, cadono, si rialzano con determinazione incrollabile. Anche gli altri protagonisti sono chiamati a scendere in campo, e di scegliere da che parte schierarsi: come nelle migliori previsioni, andranno, i due figli, uno da una parte e l’altro dall’altra. Uno dalla parte della mamma, dell’impulsività, della passionalità (e del maestro di tennis): Frank il filisteo. L’altro dalla parte del papà, dell’intellettualità, dello sguardo disincantato sulle cose: Walt. La divisione è lacerante, e può trascinare con sé il nero dolore. Ma, e qui sta uno dei meriti della pellicola, gli schieramenti vacillano; si può trovare la forza di mettere la testa sotto l’acqua torbida per acchiappare una verità propria.
“Il calamaro e la balena” è un bel film. E’ una profonda analisi dell’animo umano, che si giova delle ottime caratterizzazioni dei protagonisti e di una sceneggiatura in grado di dire molto usando con parsimonia il tempo e le parole. Jeff Daniels è fantastico nel ruolo dell’intellettuale, adulto con lo spirito competitivo e le ingenue emotività di un bambino. Jess Eisenberg lo è altrettanto in quello dell’aspirante artistoide che cita a sproposito Kafka, plagia il padre e i Pink Floyd soprattutto per far colpo sulle coetanee. La sua presa di coscienza, il distacco dal padre sono la chiave lieta che infonde di speranza il messaggio del film, e ne rende sensate le durezze. La lotta in fondo al mare tra i due mostri non può più fare paura: la possiamo guardare anche noi. |
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Commenti del pubblico |
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La storia di un divorzio narrata mirabilmente, e le separazioni tra intellettuali sono sempre dei disastri (indicativa la divertente teoria sui "filistei" di Bernard). È il film che consacrò Baumbach, il film che ispirò persino il nome di una band (Noah and the Whale). Pieno equilibrio, nel dramma che amoreggia col comico, in un miscuglio di ghiotti riferimenti: da 'Hey you' dei Pink Floyd (brividi sempre), Monica Vitti, Godard, il figlio maggiore che chitarra in mano pare Nick Drake, la metafora della grande balena che schiaccia e inghiotte l'esile calamaro. Baumbach sembra il miglior discepolo di W. Allen. E talvolta i discepoli, fortunatamente, superano i maestri.
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Film magnifico, nella grande tradizione americana della descrizione di un dramma [il divorzio] analizzato in tutte le sue componenti in modo splendido. Grande sceneggiatura e grande regia ad insegnarci la capacità di trasmettere emozioni con piccole ma efficacissime pennellate di scrittura e di stile. Bravi gli interpreti.
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Commedia agrodolce indipendente con due grandi protagonisti, Daniels e Linney, che dimostrano come si possa regalare una grande interpretazione senza strafare. L’originale sceneggiatura non lascia spazio a tempi morti, descrivendo sapientemente le incertezze adolescenziali e il nervosismo, i colpi bassi, la frustrazione di una coppia sul viale del tramonto. Poco appariscente ma molto profondo e ben scritto.
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