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"Il principio è un periodo di delicati equilibri. Sappiate che questo è l’anno 10191. L’universo conosciuto è governato dall’Imperatore Padisha Shaddam IV <…> In questo periodo la più preziosa e vitale sostanza dell’universo è il melange, la spezia. La spezia allunga il corso della vita. La spezia aumenta la conoscenza. <…> la spezia esiste su un solo pianeta nell’intero universo conosciuto, un arido e desolato pianeta con vasti deserti. Nascosta tra le rocce in queste zone desertiche vive una popolazione conosciuta come i fremen, che attende secondo un’antica profezia l’avvento di un uomo, un messia, che li guiderà finalmente verso la vera libertà. Il pianeta è Arrakis, conosciuto anche come Dune." |
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Nel 1965 lo scrittore statunitense Frank Herbert iniziò con il romanzo “Dune” il cosiddetto “Ciclo di Dune”, un’esalogia fantascientifica che rappresenta un pilastro ed un mito nella letteratura del genere.
Herbert ha costruito nei suoi libri un universo governato da grandi caste e famiglie, dove misticismo, religione e stregoneria si mescolano a politica ed economia, in un futuro che ritorna ad un passato medievale di feudi galattici, imperatori e cariche nobiliari, odii secolari, lotte d’onore e religione fra pianeti e galassie lontane anni luce.
Da questa saga infinita, andata oltre il suo stesso autore attraverso la penna del figlio e che oggi consta di più di dodici libri, il visionario Alejandro Jodorowsky iniziò nel 1975 un mastodontico progetto di trasposizione cinematografica. Migliaia di bozzetti e storyboard disegnati da Moebius e H.R. Giger cominciarono a visualizzare il mondo di Dune che sarebbe stato sonorizzato da un gruppo chiamato Pink Floyd. Purtroppo il progetto rimase tale, sia per l’eccessiva vastità dell’opera (oltre 6 ore di script) che per i costi improponibili all’epoca, si pensi che per il ruolo dell’imperatore Jodorowsky avrebbe voluto scritturare Salvador Dalì e nel cast sarebbero stati presenti anche Orson Welles e Mick Jagger. Il progetto fu quindi accantonato.
Nel 1984 venne ripresa la sceneggiatura e la difficile impresa fu affidata alla regia di David Lynch. Lynch portò a termine il film ma non riuscì mai a convincere pubblico e critica. L’opera è giudicata al di sotto delle sue possibilità e non all’altezza sia del precedente letterario, difficile comunque da emulare in un unico prodotto filmico, sia della mitica pellicola mai girata e che per molti doveva rimanere tale.
Se un paragone realistico invece si può fare, a scapito del film e rispetto al genere fantascienza, è solo quello con le prove di George Lucas che, sette anni prima e con un budget molto inferiore, aveva iniziato a creare con un realismo impressionante gli altri mondi di una galassia lontana lontana. L’unico difetto del film è quindi, a nostro avviso, imputabile alla bassezza degli effetti speciali, a parte i maestosi vermi della sabbia la cui realizzazione fu affidata a Carlo Rambaldi.
Lynch, al suo terzo lungometraggio, inserisce una forte componente di stati alterati della percezione, sogni, visioni premonitrici, e l’idea di farci ascoltare i pensieri dei personaggi entrando quindi nelle loro menti, tutto ad introdurre nella storia lineare una serie di diversi piani di narrazione e di diversi punti di vista. Queste trovate, però, sono destinate a rendere l’opera ancora più criptica e di difficile lettura per uno spettatore lontano dal genere, dai libri di Herbert e da Lynch, che risulta spesso di difficile lettura. Si potrebbe dire che qui il regista non ha ancora raggiunto l’esperienza per riuscire a fornirci la chiave blu, la chiave di lettura dell’intreccio. Inoltre il film ha subito vari rimaneggiamenti di montaggio voluti dalla produzione che hanno rovinato l’opera producendone diverse versioni.
Quella di Lynch è comunque in ultima analisi una fantascienza molto interessante, barocca, cupa e low-tech, che ci presenta un futuro possibile raccontandoci una nuova favola moderna attraverso epiche immagini accompagnate da un’ottima colonna sonora affidata ai Toto e al grande Brian Eno. |