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Il documentario cerca di spiegare perché gli Stati Uniti sono finiti nel mirino del terrorismo. Mette in luce lo storico legame tra la famiglia di George W. Bush e Osam Bin Laden e come il presidente Usa avrebbe strumentalizzato la tragedia dell'11 settembre, a livello internazionale, per i propri interessi. |
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New York, conferenza stampa: "Avete capito questo film...? No?..." (Michael Moore).
Capire o non capire?
Sicuramente non vuole essere un omaggio a Shakespeare ma anzi un ironico richiamo dove "capire" in fondo potrebbe sostituire un "essere".
Capire o non essere...
Forse è questo il messaggio imponente che Moore vuole intendere e anzi spera venga inteso molto oltre il suo naso. Lo spera perchè ritiene che l'America sia un grande paese, e un grande paese non può essere infangato e ridicolizzato da un piccolo uomo qual'è, come appare nel film, il Presidente George W. Bush.
Fahrenheit 9/11. Una sorta di grado 0, un inedito moderno per gli USA, intoccabili, quasi intoccati...Il momento più tragico della storia contemporanea coincide con "la capretta"; ovvero il titolo di una favola che Bush ascolta, recitata dai bambini di una scuola elementare, durante l'intero attacco alle Torri di New York.
Ecco tornare all'amletico dubbio: Capire o non essere? Quel dubbio che Moore vuole svelato da Bush.
Forse proprio quella scena è il fulcro del film e della storia in cui viviamo. Il mondo sembra in pericolo, qualcosa non tornerà mai più come prima, e l'unico uomo che dovrebbe difendere un Paese, sottintendendo anche quei due quarti di mondo suddetti occidentali, è occupato nell'ascolto di una capretta che ruzzola nei prati della fiaba.
Ironico, tagliente, il resto del film-documentario, premiato e riconosciuto in Europa (Palma d'Oro 2004), è la logica conseguenza di questo evento; quali paure, quali tragedie, quali drammatiche riflessioni provengono da questo grado zero.
Moore compone un nuovo modo di fare cinema; l'atto d'accusa, la denuncia diventano gioco istrionico del montaggio e dell'ironia terribilmente sincera.
Splendido proprio perchè reale, "basato su fatti" che Moore definisce "inconfutabili"; e poi a pensarci bene, in fondo la trama siamo noi, non un film ma un documentario; sono i nostri anni quelli in pericolo, dove sembra che ormai l'odio tra le razze sia sempre più incolmabile. Uno di quegli odii che crediamo, sbagliando, esistere solo nei libri di storia, non più attuali in quest'epoca del progresso; mentre e non ce ne accorgiamo, rischiano invece di restare sempre presenti, precostituiti ed indelebili.
New York, conferenza stampa: "Avete capito questo film...? No?..." (Michael Moore). |
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Finito di vederlo al cinema, la voglia era quella d andare a manifestare davanti al consolato USA. Direi che Moore con me ha raggiunto l'obbiettivo.
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Ancora piu' mordace, polemico, cattivo di Bowling a Columbine. Moore abbassa il livello di comicita' (infatti non e' piu' lui a far battute, ma George W Bush, scelta alquanto azzeccata) e punta il dito su un argomento di estrema tragicita', l'11 settembre 2001, arrivando a colpevolizzare il governo Bush e lo stesso presidente. Ma non solo. Il film mostra l'impatto mediatico e le conseguenze che l'attentato ha esercitato sugli americani: la tv spaventa il pubblico, la sicurezza pubblica e' sull'orlo del disastro e nessuno e' piu' al sicuro. Scene d'antologia come Bush che viene avvisato del colpo alla Twin Towers mentre legge un libro di favolette, il montaggio sull'addestramento di Al-Quaida o l'emblematica scena dell'aereo che si schianta sulla prima torre rimangono impresse nella mente come pochi film sanno fare. Come in ogni lavoro del regista, ci si arrabbia...e anche molto.
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