Disney Disney: l’età di mezzo, trent’anni di idee ed errori
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Walter Elias Disney, quindi Walt Disney Company: gli anni ’60 segnano la fine di questo binomio; con la scomparsa del suo fondatore la casa produttrice, ormai leader incontrastata nel mondo dell’animazione, deve muovere i primi passi da sola. Le ultime due perle di Walt sono due cartoni estremamente diversi tra loro, quasi a voler cercare una sintesi di una vita intera: La carica dei 101, col suo mondo animale che ‘latra’ il suo inno alla solidarietà, e La spada nella roccia, un’altra epoca, la magia per risolvere (o creare) problemi, un ragazzo al posto dei cuccioli, la stessa attenzione ai valori. Disney non fa in tempo a veder realizzato Il libro della giungla (ispirato alle “Storie di Mowgli” di Rudyard Kipling), al quale ha lavorato fino al 1966: i suoi collaboratori più stretti, Clyde Geronimi e Hamilton Luske, hanno lasciato la casa produttrice all’inizio del decennio, rimane solo Wolfgang Reitherman, da poco promosso a regista. Reitherman raccoglie la sua pesante eredità risolvendo la dicotomia uomini-animali: soltanto questi ultimi, d’ora in avanti, saranno protagonisti delle pellicole targate Disney. Il primo film della nuova era è Gli Aristogatti, che nasce come satira sociale per risolversi in una dichiarazione di uguaglianza, del peso del comportamento individuale attraverso il crollo dei diritti ‘di nascita’. Del merito, dunque, contro l’arroganza. Il passo che porta a Robin Hood è breve, i cambiamenti salienti sono l’adozione di un soggetto più volte portato sul grande schermo e l’estremizzazione dell’aspetto caricaturale dei personaggi. La volpe contro il leone, tanto divertimento ma anche pause di riflessione, momenti di sincera tristezza con le malinconiche canzoni che echeggiano nella desolata Nottingham. L’elegia disneyana esaurisce con questa pellicola le sue cartucce, mentre si fa strada la richiesta del pubblico di avventura. Gli anni ’80, con la scelta di Reitherman di ritirarsi dalle scene, segnano un decennio di anarchia all’interno della casa produttrice californiana: quasi fosse rotta la porta, assistiamo ad un ricambio continuo di registi e sceneggiatori, più idee vengono approfondite contemporaneamente da diverse troupes e la qualità del prodotto ne risente inevitabilmente. Se Red e Toby nemiciamici può essere ancora considerato un ‘classico’, nei lungometraggi successivi si stenta a riconoscere lo stile dell’ormai cinquantennale Walt Disney Company. Alla matita, trait d’union della produzione animata da Biancaneve e i sete nani a Red e Toby appunto, si sta pian piano affiancando il computer, con compiti in continuo aumento, fino alla quasi definitiva sostituzione odierna. Tra prodotti di valore ed altri meno, si possono isolare, nella parte finale del decennio, quando non c’era anno in cui non dovesse uscire un nuovo cartone, due opere ispirate a vicende letterarie: si tratta di Oliver & Company, versione canina dell’“Oliver Twist” di Charles Dickens, e de La Sirenetta, tratto dall’omonima fiaba di Hans Christian Andersen. Con gli anni ’90 ha inizio l’ultima fase della storia disneyana: con La Bella e la Bestia torneranno protagonisti, in questo caso solo per metà, gli esseri umani. La Disney ha metabolizzato la scomparsa del suo fondatore, e con nuove strategie e meno improvvisazione è pronta a riprendere il discorso interrotto, un discorso che parla non di prodotti ma di uomini, non di incassi (che comunque non mancheranno mai) ma di arte, di poesia. |
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